martedì 21 gennaio 2025

Racconti di vita

Adattarsi o distinguersi?

Quando la diversità porta all'isolamento

Io credo che le persone, pur possedendo grandi doti intellettuali e spirituali, fanno fatica ad adattarsi alla vita in comune. In passato ne ero profondamente convinta, perché mi reputavo tale. Fin dall'asilo e, soprattutto, alle elementari sentivo di essere diversa dagli altri. Mi rendevo conto che il mio modo di pensare fosse differente da quello dei miei coetanei.

Vedendo che nessuno della mia età sembrava condividere i miei stessi pensieri, iniziai a stringere amicizie particolari, con persone più grandi di me, ma insolite tanto quanto me. Anche loro riuscivano a riflettere il mio stesso senso di non appartenenza al mondo. Ci sentivamo fuori dagli schemi, non ci riconoscevamo negli stereotipi o nelle regole della società. Eravamo piccoli ribelli e, in fondo, anche un po' trascurati dalle nostre famiglie. Ci comportavamo in quel modo perché avevamo difficoltà nelle nostre vite familiari.

Quel senso di unicità è rimasto in noi, ma con il tempo abbiamo capito che molte delle scelte che prendevamo erano dettate dall'insicurezza, dall'immaturità e da una profonda solitudine. Personalmente, credo che molte delle mie azioni, giuste o sbagliate che siano state, fossero guidate dalla sensazione di isolamento e dalla convinzione di essere sola al mondo. Pensavo che nessuno potesse capirmi come facevo io stessa e che, quindi, avrei potuto vivere tranquillamente senza bisogno di nessuno.

Seguendo questa convinzione, ho iniziato a isolarmi sempre di più, allontanando amici importanti, comprese le due amiche a cui tenevo di più e con cui avevo condiviso momenti bellissimi. Lasciarle è stato doloroso per entrambi, ma ero convinta che stare da sola fosse la mia unica opzione.

Questo pensiero si è rafforzato durante la pandemia di COVID-19, tra il 2019 e il 2021. Il lockdown globale ha cambiato molte cose in brevissimo tempo. Probabilmente mi sono lasciata trasportare troppo dal mio senso di saggezza, finendo per diventare egoista, distante e insensibile nei confronti degli altri. Mi ero abituata a stare da sola e a non avere contatti con nessuno. Fortunatamente, negli ultimi anni sono riuscita a ricucire i rapporti con le mie vecchie amiche, che oggi sono ancora al mio fianco. Con loro continuo a condividere questa "cosa" chiamata vita. Guardando indietro, credo che senza il loro supporto durante la mia preadolescenza, non sarei riuscita ad affrontare le difficoltà di quel periodo. Ho dovuto affrontare molte sfide in giovane età, e loro sono sempre state al mio fianco, senza giudicarmi, accettandomi per quella che ero.

Forse, durante il periodo di isolamento, non mi sono resa conto di quanto avessi perso. Tuttavia, tutte le esperienze che ho vissuto mi hanno resa la persona che sono oggi. So di avere ancora molto da migliorare, soprattutto per superare i meccanismi di difesa che ho sviluppato, ma almeno adesso so di non essere sola. Ho accanto persone che mi sosterranno sempre, nonostante tutto. Riflettendo su questa esperienza, credo di aver preso troppo alla lettera il concetto di isolamento imposto durante il COVID. Sono testarda e impulsiva, ma con il tempo e gli sforzi giusti, riesco a capire le cose.

Come l’albatro, uccello marino che Baudelaire usa per descrivere la condizione di inadeguatezza del poeta ne I Fiori del male, penso che la società non sia strutturata per accogliere persone con una forte sensibilità intellettuale e spirituale. Il sistema è pensato per chi si adatta senza fare domande, per chi obbedisce senza mettere in discussione le regole. Chi invece si distingue, come artisti o persone fuori dagli schemi, è spesso il primo a notare le ingiustizie e a ribellarsi contro il sistema, ma anche il primo a sentirsi incompreso.

Le persone considerate "diverse" sono quelle che intercettano i problemi della società moderna. Invece di giudicare chi non si conforma, dovremmo sforzarci di capire le loro prospettive. E, se proprio non riusciamo a comprenderle, almeno dovremmo rispettarle.

Anonima