L’opinione di uno studente contro la pena capitale
Immagine tratta dal web |
Nel brano “La pena di morte è
una questione ancora aperta”, che funge da introduzione alle “Riflessioni sulla
pena di morte” del filosofo Albert Camus, Gustavo Zagrebelsky affronta una
tematica ancora oggi attuale ma a cui, purtroppo, non è stata trovata una
soluzione universale in quanto vi sono pareri discordanti su di essa.
Attraverso
la lettura del brano si può notare la posizione dell’autore a favore dell’abolizione
della pena di morte, ciò non viene enunciato direttamente, bensì viene fatto
trasparire attraverso le riflessioni poste a conclusione delle analisi dei vari
dati che vengono riportati nel testo.
Anch’io, come Zagrebelsky, sono a sfavore della pena di morte e ritengo inaccettabile che nel XXI secolo vi sia gente e soprattutto Nazioni, alle quali viene affidato il compito, dal popolo stesso, di far sì che nel proprio Stato si crei una situazione di pace e di prosperità sulla morte di altre persone, e che ritengano la pena di morte una punizione valida. A rendere tale pensiero ancora più irrazionale è il fatto che in alcuni di questi Stati non è ammesso il suicidio assistito, questo perché non ritengono sia giusto concedere a qualcuno il diritto di porre fine alla propria vita, ma poi sono loro stessi a privare della vita coloro che sono condannati alla pena capitale. Io sono a favore del suicidio assistito in alcuni casi, in quanto esso deve essere in presenza di una reale motivazione prima che venga dato il consenso da parte della legge, inoltre, sono numerosi i controlli psicologici da effettuare per constatare che tale decisione non sia dettata da altri e neanche da un temporaneo squilibrio mentale. Tra i condannati a morte nel mondo vi sono anche coloro che vengono considerati oppositori politici, tali condanne si verificano soprattutto in Stati come la Cina che, pur di mascherare lo Stato dispotico con una repubblica di facciata e affinché si possa mantenere tale situazione, continuano a tacere il numero effettivo delle esecuzioni, che non viene comunicato in quanto ne risentirebbe l’immagine dello Stato.
Diversi sono stati gli intellettuali del passato a esporsi su tale argomento, tra questi vi è il giurista e letterato illuminista Cesare Beccaria. Argomento molto frequente delle sue opere è il comportamento che uno Stato dovrebbe attuare dal punto di vista legislativo per assicurare una situazione di ordine e pace, obiettivo, questo, ritenuto principale dallo Stato in quanto, secondo il contratto sociale, il popolo decide di riconoscere un’istituzione superiore per vivere in una società pacifica. A tal proposito, Beccaria si espone sulla pena di morte, che ritiene inutile in quanto lo scopo delle pene è quello di evitare i reati e, nel caso in cui questi vengano commessi, le pene hanno la finalità di rieducare il colpevole, possibilità che viene meno privandolo della vita; inoltre, così facendo sarebbe lo Sato stesso a commettere un reato. Beccaria ritiene ammissibile la pena di morte - si tratta però solo di un’ipotesi - nel caso in cui il condannato potrebbe ancora costituire un pericolo per la società anche dopo aver scontato la pena; quest’ultima è una delle argomentazioni con la quale sostengono la propria tesi coloro che sono a favore della pena di morte, tuttavia, bisogna ricordare ad essi che al giorno d’oggi i casi da loro ritenuti “irrecuperabili”, in quanto hanno commesso più e più volte lo stesso reato, sono condannati all’ergastolo, rimanendo quindi in carcere a vita.
Numerose sono oggi le testimonianze di persone che una volta uscite dal carcere, sono diventate persone migliori, ciò mette in evidenza la capacità rieducativa del carcere e la sua capacità di punire le persone per degli errori che hanno commesso e al tempo stesso fornire loro un insegnamento, insegnamento che spesso queste persone rendono pubblico attraverso mezzi telematici, primi tra tutti i social, cercando di far capire, soprattutto ai giovani, i quali nella maggior parte dei casi sono ancora in tempo per non commettere i loro stessi errori, di non intraprendere cattive strade.
Anch’io, come Zagrebelsky, sono a sfavore della pena di morte e ritengo inaccettabile che nel XXI secolo vi sia gente e soprattutto Nazioni, alle quali viene affidato il compito, dal popolo stesso, di far sì che nel proprio Stato si crei una situazione di pace e di prosperità sulla morte di altre persone, e che ritengano la pena di morte una punizione valida. A rendere tale pensiero ancora più irrazionale è il fatto che in alcuni di questi Stati non è ammesso il suicidio assistito, questo perché non ritengono sia giusto concedere a qualcuno il diritto di porre fine alla propria vita, ma poi sono loro stessi a privare della vita coloro che sono condannati alla pena capitale. Io sono a favore del suicidio assistito in alcuni casi, in quanto esso deve essere in presenza di una reale motivazione prima che venga dato il consenso da parte della legge, inoltre, sono numerosi i controlli psicologici da effettuare per constatare che tale decisione non sia dettata da altri e neanche da un temporaneo squilibrio mentale. Tra i condannati a morte nel mondo vi sono anche coloro che vengono considerati oppositori politici, tali condanne si verificano soprattutto in Stati come la Cina che, pur di mascherare lo Stato dispotico con una repubblica di facciata e affinché si possa mantenere tale situazione, continuano a tacere il numero effettivo delle esecuzioni, che non viene comunicato in quanto ne risentirebbe l’immagine dello Stato.
Diversi sono stati gli intellettuali del passato a esporsi su tale argomento, tra questi vi è il giurista e letterato illuminista Cesare Beccaria. Argomento molto frequente delle sue opere è il comportamento che uno Stato dovrebbe attuare dal punto di vista legislativo per assicurare una situazione di ordine e pace, obiettivo, questo, ritenuto principale dallo Stato in quanto, secondo il contratto sociale, il popolo decide di riconoscere un’istituzione superiore per vivere in una società pacifica. A tal proposito, Beccaria si espone sulla pena di morte, che ritiene inutile in quanto lo scopo delle pene è quello di evitare i reati e, nel caso in cui questi vengano commessi, le pene hanno la finalità di rieducare il colpevole, possibilità che viene meno privandolo della vita; inoltre, così facendo sarebbe lo Sato stesso a commettere un reato. Beccaria ritiene ammissibile la pena di morte - si tratta però solo di un’ipotesi - nel caso in cui il condannato potrebbe ancora costituire un pericolo per la società anche dopo aver scontato la pena; quest’ultima è una delle argomentazioni con la quale sostengono la propria tesi coloro che sono a favore della pena di morte, tuttavia, bisogna ricordare ad essi che al giorno d’oggi i casi da loro ritenuti “irrecuperabili”, in quanto hanno commesso più e più volte lo stesso reato, sono condannati all’ergastolo, rimanendo quindi in carcere a vita.
Numerose sono oggi le testimonianze di persone che una volta uscite dal carcere, sono diventate persone migliori, ciò mette in evidenza la capacità rieducativa del carcere e la sua capacità di punire le persone per degli errori che hanno commesso e al tempo stesso fornire loro un insegnamento, insegnamento che spesso queste persone rendono pubblico attraverso mezzi telematici, primi tra tutti i social, cercando di far capire, soprattutto ai giovani, i quali nella maggior parte dei casi sono ancora in tempo per non commettere i loro stessi errori, di non intraprendere cattive strade.
Niccolò
Caschetto - Classe 4^ T1