mercoledì 4 maggio 2016

Concorso club Quasimodo “Adotta una poesia 2016”

In scena al Garibaldi con i versi dedicati al padre

 Ogni anno l’ITS Archimede partecipa al progetto “Adotta una poesia”, organizzato dal Club Quasimodo. Quest’anno hanno partecipato  due gruppi della nostra scuola che hanno adottato due poesie. Il nostro gruppo formato da alcuni studenti delle classi 3s2, 4s1 e 4s2 e guidato dalle docenti Giuseppina Franzò e Patrizia Girgenti ha scelto di adottare e quindi di portare in scena la poesia intitolata “Al padre”.
I versi di Quasimodo adottati ci hanno permesso di riflettere sul rapporto genitori-figli. Se anche a volte noi figli, come il poeta Quasimodo, siamo in conflitto con i genitori, è vero che per noi costituiscono sempre un esempio.  
 Questo è  in sintesi anche il messaggio della  poesia che abbiamo scelto, la quale è stata scritta in occasione dei novant’anni del padre e tratta la strage che avvenne nel Dicembre del 1908 a Messina in seguito al terremoto. Il poeta racconta come vennero affrontati quei giorni di paura e di dolore e come il padre, Gaetano Quasimodo, nonostante non avesse avuto una vita semplice, si spese molto per aiutare la gente diventando un esempio di corretto comportamento freddo ma nello stesso tempo altruista. 

Tutto questo doveva essere messo in scena. Dopo aver confrontato a lungo le idee, abbiamo prima scelto i lettori  iniziando ad ascoltare le diverse voci e le diverse ipotesi di lettura.
 Abbiamo poi deciso di aggiungere alla lettura una cornice completa di video e musica e per questo abbiamo raccolto foto delle varie stazioni dove passò Salvatore Quasimodo e, facendole scorrere in successione, le abbiamo abbinate ad una melodia molto suggestiva di Ludovico Einaudi. Abbiamo creato, attraverso le foto delle stazioni ferroviarie, il percorso di vita di Quasimodo. 
Per rendere più viva la lettura abbiamo abbinato due voci diverse, una maschile e una femminile.
Mancava la scenografia che desse l’idea dell’aspetto di Messina colpita dal terremoto. Ecco l’idea. Con dei pezzi di polistirolo che abbiamo colorato abbiamo rappresentato le macerie, che ognuno di noi in scena raccoglieva sospeso tra tristezza e speranza nella ricostruzione. Per spostare le macerie abbiamo anche portato in scena una carriola manovrata da un ragazzo con un basco per creare un’atmosfera d’altri tempi e dare l’idea della ricostruzione che sempre e comunque ci deve essere nella vita, dopo un terremoto vero o metaforico.

Il padre è stato rappresentato da un ragazzo che indossava il vestito e il berretto da capostazione e che si  prodigava tra le macerie. Arrivati al teatro Garibaldi, aspettando il turno per salire sul palco,   abbiamo sentito sempre più  l’ansia crescere e rapirci finché non è iniziato il nostro spettacolo. Abbiamo preparato la scenografia  spargendo le macerie sul palco e il sipario si è aperto.
Il forte applauso finale e l’attestato ci hanno fatto uscire orgogliosi dalla scena. Un’esperienza forte, ricca di emozione che vogliamo assolutamente ripetere. Il teatro riesce a liberare energie positive e a raccontare tanto, oltre le parole. Noi lo abbiamo sperimentato.
Gioele Frasca, Josephine Vicari, Francesco Giannì , 3S2