In scena al Garibaldi
con i versi dedicati al padre
Ogni
anno l’ITS Archimede partecipa al progetto “Adotta una poesia”, organizzato dal
Club Quasimodo. Quest’anno hanno partecipato due gruppi della nostra scuola che hanno
adottato due poesie. Il nostro gruppo formato da alcuni studenti delle classi
3s2, 4s1 e 4s2 e guidato dalle docenti Giuseppina Franzò e Patrizia Girgenti ha
scelto di adottare e quindi di portare in scena la poesia intitolata “Al padre”.
I versi di Quasimodo adottati ci hanno
permesso di riflettere sul rapporto genitori-figli. Se anche a volte noi figli,
come il poeta Quasimodo, siamo in conflitto con i genitori, è vero che per noi
costituiscono sempre un esempio.
Questo è in sintesi anche il messaggio della poesia che abbiamo scelto, la quale è stata scritta in occasione dei novant’anni
del padre e tratta la strage che avvenne nel Dicembre del 1908 a Messina in
seguito al terremoto. Il poeta racconta come vennero affrontati quei giorni di
paura e di dolore e come il padre, Gaetano Quasimodo, nonostante non avesse
avuto una vita semplice, si spese molto per aiutare la gente diventando un esempio
di corretto comportamento freddo ma nello stesso tempo altruista.
Tutto questo doveva essere messo in scena. Dopo aver confrontato a lungo le idee, abbiamo
prima scelto i lettori iniziando ad
ascoltare le diverse voci e le diverse ipotesi di lettura.
Abbiamo poi deciso
di aggiungere alla lettura una cornice completa di video e musica e per questo
abbiamo raccolto foto delle varie stazioni dove passò Salvatore Quasimodo e,
facendole scorrere in successione, le abbiamo abbinate ad una melodia molto
suggestiva di Ludovico Einaudi. Abbiamo creato, attraverso le foto delle stazioni ferroviarie, il
percorso di vita di Quasimodo.
Per rendere più viva la lettura abbiamo abbinato
due voci diverse, una maschile e una femminile.
Mancava
la scenografia che desse l’idea dell’aspetto di Messina colpita dal terremoto. Ecco
l’idea. Con dei pezzi di polistirolo che abbiamo colorato abbiamo rappresentato
le macerie, che ognuno di noi in scena raccoglieva sospeso tra tristezza e
speranza nella ricostruzione. Per spostare le macerie abbiamo anche portato in
scena una carriola manovrata da un ragazzo con un basco per creare un’atmosfera
d’altri tempi e dare l’idea della ricostruzione che sempre e comunque ci deve essere nella vita, dopo un terremoto vero o metaforico.
Il
padre è stato rappresentato da un ragazzo che indossava il vestito e il
berretto da capostazione e che si
prodigava tra le macerie. Arrivati al teatro Garibaldi, aspettando il
turno per salire sul palco, abbiamo sentito sempre più l’ansia crescere e rapirci finché non è
iniziato il nostro spettacolo. Abbiamo preparato la scenografia spargendo le macerie sul palco e il sipario
si è aperto.
Il
forte applauso finale e l’attestato ci hanno fatto uscire orgogliosi dalla
scena. Un’esperienza forte, ricca di emozione che vogliamo assolutamente
ripetere. Il teatro riesce a liberare energie positive e a raccontare tanto, oltre le parole. Noi lo abbiamo sperimentato.
Gioele Frasca, Josephine Vicari, Francesco Giannì , 3S2 |