mercoledì 5 dicembre 2018

Intervista allo storico Giancarlo Poidomani


La Sicilia e il suo contributo alla Grande Guerra

Foto di Antonio Alecci
È stato un novembre particolare quello di quest'anno, che ci riporta alla fine della Grande Guerra conclusasi proprio nel novembre 1918. Una guerra che iniziò come guerra lampo e si concluse, dopo 4 lunghi anni, più come guerra di logoramento nel fango delle trincee. Per l'occasione gli alunni delle classi quinte
Christopher Scollo, Serin Belhadj, Giorgio Petriglieri (2000), Giorgio Petriglieri (2001), Enrico Cannata, Leonardo Rizza, Federica Quartarone, Benedetta Fiderio, Danila Baglieri, Antonio Alecci e le due responsabili di redazione Lucia Sarta e Martina Spadaro hanno intervistato presso la storica Biblioteca dell'Istituto Archimede Giancarlo Poidomani, professore associato di storia contemporanea del Dipartimento di Scienze politiche e sociali a Catania. Questa intervista, svoltasi il 9 novembre 2018, ci ha permesso di approfondire alcuni aspetti riguardo al primo conflitto mondiale e di comprendere il ruolo che la nostra terra ha avuto in una guerra sostanzialmente combattuta nel Nord Italia. In secondo luogo, l'intervista stessa ci ha fatto scoprire un nuovo modo di studiare la storia, basato sul soddisfacimento dei quesiti posti dalla nostra curiosità e voglia di approfondire la conoscenza di un fatto lontano ma allo stesso tempo vicino. Abbiamo scoperto attraverso le nostre domande quanto il Sud in realtà è stato coinvolto nella grande guerra con il suo elevato numero di richiamati alle armi, con gli oltre 50.000 caduti, con le migliaia di profughi e prigionieri accolti e con gli sforzi effettuati in agricoltura per contribuire agli approvvigionamenti dell'esercito. Grazie alle ricerche svolte dal professore Poidomani e all’analisi delle fonti, oggi possiamo quantificare, anche se non in maniera precisa, i militari provenienti proprio dalle nostre zone: i mobilitati del circondario di Modica furono circa 33.000 uomini. La maggioranza, circa il 70%, aveva appena 20 anni; ciò fa emergere il fatto che i caduti fossero prevalentemente dei giovani e si può immaginare quanto strazianti furono questi lutti, affrontati spesso da genitori che sopravvissero alla morte dei figli. Rappresentano una testimonianza di queste perdite e la volontà di elaborare il lutto i numerosi monumenti di cui la Sicilia è ben ornata. Vi sono due aree: una che fa riferimento alla scuola palermitana e una, la parte orientale, di cui si occuparono scultori catanesi e messinesi. Le date di realizzazione si collocano a partire dagli anni venti del dopoguerra. Il 2 dicembre 1918, a Siracusa, venne redatta una circolare che invitava le amministrazioni comunali della provincia di Ragusa ad "assolvere il debito di gratitudine verso i gloriosi, eternandone la memoria". I primi comuni della provincia a mobilitarsi per costruire in breve tempo qualcosa che potesse dare un conforto alle famiglie furono allora Ispica, Ragusa Ibla, Modica, Monterosso Almo, Vittoria, Comiso, Giarratana e Chiaramonte Gulfi. Fra il '41 ed il '42 però i monumenti rischiarono di essere rimossi a causa dell'intenzione dell'Italia fascista di racimolare quanto più materiale possibile per la produzione di armamenti. In provincia, grazie ai podestà, che cominciarono a mobilitarsi per evitarlo, si riuscì a mantenere intatti i monumenti. Scicli e Santa Croce Camerina sono ancora oggi gli unici due comuni della provincia privi di monumenti, ma vi sono delle lapidi con i nomi dei soldati.
A Modica, abbiamo un monumento ai caduti che risale alla prima metà degli anni venti, quasi certamente realizzato da Luciano Condorelli, ma manca una lapide con i nomi dei caduti. Si tratta di una statua in marmo che raffigura un soldato in divisa e ai lati vi sono 3 donne che tengono in mano una Vittoria alata, una corona d'alloro e un elmetto.
Indubbiamente quindi, nonostante i casi di ammutinamento e il numero di disertori, la Sicilia e i siciliani fornirono un ampio contributo alla Grande Guerra, superando ostacoli quali la lontananza dal fronte e le poche settimane di licenza.
Foto di Antonio Alecci
Le motivazioni che spinsero questi ragazzi a partecipare, pur consapevoli di quanto "lontana" fosse la guerra, possono essere ricondotte al particolare momento vissuto dall'Italia e soprattutto dagli italiani. Infatti nonostante le precedenti guerre d'Indipendenza alcuni territori erano rimasti esclusi dal processo di unificazione del Regno d'Italia, in particolare il Trentino e la Venezia-Giulia, ancora prevalentemente abitate da austriaci. Non a caso si parla infatti di 4^ guerra d'Indipendenza, considerata una tappa importante del processo di nazionalizzazione italiano. La guerra, in effetti, finì per influenzare tutti gli ambiti, con particolare riferimento a quello umano e quello produttivo. Lo sforzo bellico fu infatti vissuto anche nel fronte interno, costituito da tutti i civili che assistettero alla conversione delle varie attività produttive, ormai volte unicamente a supportare la guerra. Inoltre, il professore ha sottolineato un altro importante fenomeno: il protagonismo delle donne, dovuto allo scarseggiare di manodopera maschile impegnata nel conflitto, che portò alla cosiddetta femminilizzazione della produzione. Spesso erano proprio le donne a manifestare, anche davanti ai comuni, chiedendo a gran voce una resa pacifica al fine di poter riabbracciare i loro cari. La Sicilia si distinse anche per la gara di solidarietà che effettuò a favore dei profughi che scapparono dalle zone di confine per nascondersi in Sicilia; inoltre molti prigionieri austriaci furono portati in Sicilia, dove ricevettero un trattamento rispettoso della dignità umana nonostante lo stravolgimento delle alleanze politico-militari. Come sappiamo, la Grande Guerra passa alla storia come il conflitto che vide un'Italia vincitrice, pur rappresentando nell'effettivo una dolorosa sconfitta in termini di perdite umane e viveri.
Il professore Poidomani ci ha spiegato come negli anni è cambiato il modo di ricordare questo evento, e quale valore abbia oggi solennizzare la memoria dei 680.000 caduti italiani, ricordando quanto grande e doloroso fu il sacrificio a cui fu sottoposta l'intera nazione.
Al seguente link è possibile guardare le foto scattate durante l'incontro da Antonio Alecci.


Danila Baglieri, Federica Quartarone e Benedetta Fiderio – classe 5 A1