Di
mestieri antichi ce ne sono tanti, molti di essi sono scomparsi, molti hanno
subito trasformazioni per via delle nuove esigenze commerciali, mentre
pochissimi sono rimasti invariati. Oggi vanno avanti quelle aziende che
producono in grande e che possono avvalersi di mezzi meccanici; spesso le
piccole imprese si estinguono e con esse anche i vecchi metodi che si
utilizzavano nell’antichità. Uno dei mestieri più antichi è quello della
viticoltura. Sono andata a intervistare due produttori di Pachino, il dottor
Avola e il signor Emanuele Nobile.
Il dottor Avola mi ha spiegato che la vite è una
pianta con un frutto a bacca, questa pianta si adegua a quasi tutti i tipi di
terreni e alle diverse altitudini. Il frutto prodotto si chiama uva, si può
utilizzare come frutto (l’uva da tavola) oppure se ne può estrarre il succo che
poi diventa vino. Le uve da tavola oggi sono tantissime, le varietà possono
essere bianche, come ad esempio Regina o Pizzutella, o nere, come ad esempio
Cardinal, Alfonso la Valle, ecc…
Esistono anche una serie di varietà più recenti,
sia bianche che nere, che sono apirene, cioè senza semi e sono molto apprezzate dai consumatori del Nord
Europa. Ci sono anche altri tipi di vitigni per l’elaborazione di acquaviti di
vino e varie grappe, questi tipi di vitigni vengono prodotti nei luoghi freddi
come per esempio nel Nord Italia. Un aspetto importante della coltivazione della
vite è la potatura, che serve per sopprimere le parti invecchiate o malate
della pianta e anche per regolare la produzione dei frutti. I tipi di potatura
per l’uva da vino sono di vario genere: ad alberello, a spalliera, a tendone, a
guyot, a doppio guyot, a raggi e a pergolato. I metodi moderni che garantiscono
una produzione più abbondante sono quello a tendone e quello a raggi, a
vantaggio della quantità e a discapito della qualità del frutto. Invece i
maestri potatori nell’antichità utilizzavano i metodi a potatura bassa, come
l’alberello; nel passato infatti si dava importanza al colore e al grado
zuccherino del vino mentre ora le
esigenze commerciali sono cambiate, perché il mercato vuole un vino chiaro, che
non macchia la bottiglia e che abbia una gradazione di 12,5 gradi, massimo 13
gradi; invece nel passato si voleva un vino scuro e si faceva a gara per chi
avesse prodotto un vino con una gradazione più alta. Per quanto riguarda la
nutrizione della pianta, per una buona produzione la vite ha bisogno
principalmente di azoto, potassio, ferro e fosforo nella fase della fioritura. Inoltre
il dottor Avola mi spiega che la vite è una pianta che richiede molte
attenzioni chimiche o biologiche per due malattie fungine molto pericolose, la
peronospora e l’oidio. Essi sono dei patogeni che possono compromettere la
qualità e la quantità del prodotto, nello specifico nell’uva da tavola. Un
problema è anche rappresentato dagli insetti, come la tignola e i tripidi, nella
fase della fioritura, perché compromettono la sopravvivenza della pianta. Prima
del 1920 a Pachino non era molto diffusa la produzione di vino, uno dei primi
produttori fu proprio il nonno di Emanuele Nobile, un signore ragusano che si
trasferì lì con la famiglia, riuscendo a realizzare il suo sogno grazie a tanti
sacrifici. In pochissimo tempo riuscì ad avviare un grande commercio di vino.
Questa azienda è ancora in vita ed è gestita dal nipote. La svolta avvenne
negli anni Cinquanta quando la produzione del vino aumentò in maniera
considerevole, arrivando ai 500-700 ettolitri all’anno. Per controllare la
gradazione degli zuccheri nell’antichità si utilizzava un tubicino graduato e dall’incrocio
di alcuni dati si riusciva a determinare la gradazione, lo strumento citato si
chiamava ostimetro, oggi invece viene utilizzato uno strumento moderno chiamato rifrattometro.
Nel passato la procedura di lavorazione dell’uva era sicuramente
diversa: l’uva veniva pestata nelle cantine e si toglieva il raspo, che sarebbe
“l’organo” che sostiene i chicchi alla pianta e che passa i nutrienti. Gli
acini venivano trattati per poi essere messi nelle vasche di rifermentazione e
rimanevano dentro di esse fino a quando non si otteneva il colore desiderato. Con
la fermentazione alcolica avviene la trasformazione degli zuccheri in alcool.
Dopo due-tre giorni dal travaso il vino viene valutato: si controlla che non
abbia avuto nessun cambiamento di colore o di sapore, in caso contrario si procede
a degli aggiustamenti. Infatti uno dei tanti segreti della produzione del vino
è che la fermentazione deve essere sempre continua, perché in caso di scirocco
si ferma l’ebollizione e nel vino rimangono ancora tracce di zuccheri;
questi possono comprometterne la qualità. Oggi i nuovi macchinari consentono
di ridurre varie anomalie della fermentazione.
È stato interessante scoprire
anche alcuni detti tipici del mondo della viticoltura come per esempio “vino
amaro tienilo caro” che significa che il vino è di ottima qualità quando è
amaro, oppure “cu avi bona zappa, bona vignigna” che significa che chi fa un
buon lavoro, avrebbe avuto un buon raccolto.
Aprile Beatrice - classe 1^A2