martedì 28 gennaio 2020

Vino amaro tienilo caro


Viaggio nel mondo del vino


Di mestieri antichi ce ne sono tanti, molti di essi sono scomparsi, molti hanno subito trasformazioni per via delle nuove esigenze commerciali, mentre pochissimi sono rimasti invariati. Oggi vanno avanti quelle aziende che producono in grande e che possono avvalersi di mezzi meccanici; spesso le piccole imprese si estinguono e con esse anche i vecchi metodi che si utilizzavano nell’antichità. Uno dei mestieri più antichi è quello della viticoltura. Sono andata a intervistare due produttori di Pachino, il dottor Avola e il signor Emanuele Nobile.

Il dottor Avola mi ha spiegato che la vite è una pianta con un frutto a bacca, questa pianta si adegua a quasi tutti i tipi di terreni e alle diverse altitudini. Il frutto prodotto si chiama uva, si può utilizzare come frutto (l’uva da tavola) oppure se ne può estrarre il succo che poi diventa vino. Le uve da tavola oggi sono tantissime, le varietà possono essere bianche, come ad esempio Regina o Pizzutella, o nere, come ad esempio Cardinal, Alfonso la Valle, ecc… 
Esistono anche una serie di varietà più recenti, sia bianche che nere, che sono apirene, cioè senza semi e sono  molto apprezzate dai consumatori del Nord Europa. Ci sono anche altri tipi di vitigni per l’elaborazione di acquaviti di vino e varie grappe, questi tipi di vitigni vengono prodotti nei luoghi freddi come per esempio nel Nord Italia. Un aspetto importante della coltivazione della vite è la potatura, che serve per sopprimere le parti invecchiate o malate della pianta e anche per regolare la produzione dei frutti. I tipi di potatura per l’uva da vino sono di vario genere: ad alberello, a spalliera, a tendone, a guyot, a doppio guyot, a raggi e a pergolato. I metodi moderni che garantiscono una produzione più abbondante sono quello a tendone e quello a raggi, a vantaggio della quantità e a discapito della qualità del frutto. Invece i maestri potatori nell’antichità utilizzavano i metodi a potatura bassa, come l’alberello; nel passato infatti si dava importanza al colore e al grado zuccherino del vino mentre ora le esigenze commerciali sono cambiate, perché il mercato vuole un vino chiaro, che non macchia la bottiglia e che abbia una gradazione di 12,5 gradi, massimo 13 gradi; invece nel passato si voleva un vino scuro e si faceva a gara per chi avesse prodotto un vino con una gradazione più alta. Per quanto riguarda la nutrizione della pianta, per una buona produzione la vite ha bisogno principalmente di azoto, potassio, ferro e fosforo nella fase della fioritura. Inoltre il dottor Avola mi spiega che la vite è una pianta che richiede molte attenzioni chimiche o biologiche per due malattie fungine molto pericolose, la peronospora e l’oidio. Essi sono dei patogeni che possono compromettere la qualità e la quantità del prodotto, nello specifico nell’uva da tavola. Un problema è anche rappresentato dagli insetti, come la tignola e i tripidi, nella fase della fioritura, perché compromettono la sopravvivenza della pianta. Prima del 1920 a Pachino non era molto diffusa la produzione di vino, uno dei primi produttori fu proprio il nonno di Emanuele Nobile, un signore ragusano che si trasferì lì con la famiglia, riuscendo a realizzare il suo sogno grazie a tanti sacrifici. In pochissimo tempo riuscì ad avviare un grande commercio di vino. Questa azienda è ancora in vita ed è gestita dal nipote. La svolta avvenne negli anni Cinquanta quando la produzione del vino aumentò in maniera considerevole, arrivando ai 500-700 ettolitri all’anno. Per controllare la gradazione degli zuccheri nell’antichità si utilizzava un tubicino graduato e dall’incrocio di alcuni dati si riusciva a determinare la gradazione, lo strumento citato si chiamava ostimetro, oggi invece viene utilizzato uno strumento moderno chiamato rifrattometro.
Nel passato la procedura di lavorazione dell’uva era sicuramente diversa: l’uva veniva pestata nelle cantine e si toglieva il raspo, che sarebbe “l’organo” che sostiene i chicchi alla pianta e che passa i nutrienti. Gli acini venivano trattati per poi essere messi nelle vasche di rifermentazione e rimanevano dentro di esse fino a quando non si otteneva il colore desiderato. Con la fermentazione alcolica avviene la trasformazione degli zuccheri in alcool. Dopo due-tre giorni dal travaso il vino viene valutato: si controlla che non abbia avuto nessun cambiamento di colore o di sapore, in caso contrario si procede a degli aggiustamenti. Infatti uno dei tanti segreti della produzione del vino è che la fermentazione deve essere sempre continua, perché in caso di scirocco si ferma l’ebollizione e nel vino rimangono ancora tracce di zuccheri; questi possono comprometterne la qualità. Oggi i nuovi macchinari consentono di ridurre varie anomalie della fermentazione. 
È stato interessante scoprire anche alcuni detti tipici del mondo della viticoltura come per esempio “vino amaro tienilo caro” che significa che il vino è di ottima qualità quando è amaro, oppure “cu avi bona zappa, bona vignigna” che significa che chi fa un buon lavoro, avrebbe avuto un buon raccolto.

Aprile Beatrice - classe 1^A2