Storia di mio Nonno
Mio nonno,
Giuseppe Firera, dopo aver concluso l’anno di leva obbligatoria, fu chiamato,
dopo pochi mesi, a combattere la seconda guerra mondiale. Nel 1943, a causa
dell’uscita dell’Italia dalla guerra, i soldati italiani si videro costretti a
scappare e a nascondersi. Mio nonno in quel momento si trovava in Albania e
proprio lì riuscì a trovare rifugio.
Una famiglia albanese decise di ospitarlo e di dargli viveri, un posto dove dormire e ciò che gli sarebbe potuto servire, a patto che lui lavorasse nella loro campagna e li aiutasse nelle attività che loro svolgevano quotidianamente. Dopo circa un mese e mezzo mio nonno venne a conoscenza dell’esistenza di un treno che aveva come destinazione l’Italia. Nonostante i numerosi avvertimenti, da parte della famiglia albanese che lo ospitava, mio nonno era giorno per giorno sempre più deciso a prendere quel treno con la speranza di ritornare nella sua Modica, dove vi erano tutti i suoi cari. Quando il giorno della partenza arrivò, mio nonno salutò la famiglia che lo aveva protetto fino a quel momento e la giovane fidanzata che aveva conosciuto in Albania e partì. Quando il treno arrivò a destinazione ed era ora di scendere, sui binari non lo aspettava la sua calorosa Italia, bensì la fredda Germania. Era stato deportato nel campo di prigionia “Stammlager XI B”. Riguardo a quel periodo dentro il campo di prigionia io e la mia famiglia non abbiamo informazioni precise, perché il nonno non parlava volentieri di quel periodo, sappiamo solamente che il suo compito era quello di lavorare ininterrottamente e che tuttavia gli italiani venivano, sicuramente, trattati in un “modo migliore” rispetto ad altri deportati.
Una famiglia albanese decise di ospitarlo e di dargli viveri, un posto dove dormire e ciò che gli sarebbe potuto servire, a patto che lui lavorasse nella loro campagna e li aiutasse nelle attività che loro svolgevano quotidianamente. Dopo circa un mese e mezzo mio nonno venne a conoscenza dell’esistenza di un treno che aveva come destinazione l’Italia. Nonostante i numerosi avvertimenti, da parte della famiglia albanese che lo ospitava, mio nonno era giorno per giorno sempre più deciso a prendere quel treno con la speranza di ritornare nella sua Modica, dove vi erano tutti i suoi cari. Quando il giorno della partenza arrivò, mio nonno salutò la famiglia che lo aveva protetto fino a quel momento e la giovane fidanzata che aveva conosciuto in Albania e partì. Quando il treno arrivò a destinazione ed era ora di scendere, sui binari non lo aspettava la sua calorosa Italia, bensì la fredda Germania. Era stato deportato nel campo di prigionia “Stammlager XI B”. Riguardo a quel periodo dentro il campo di prigionia io e la mia famiglia non abbiamo informazioni precise, perché il nonno non parlava volentieri di quel periodo, sappiamo solamente che il suo compito era quello di lavorare ininterrottamente e che tuttavia gli italiani venivano, sicuramente, trattati in un “modo migliore” rispetto ad altri deportati.
Fortunatamente
dopo tante peripezie e tante difficoltà mio nonno è tornato nella sua città
natale e ha cercato di ritrovare la serenità costruendosi una famiglia.
Mi è
dispiaciuto non averlo conosciuto, avrei tanto voluto consolarlo per le
sofferenze patite nella sua vita.
Samuele Firera III GR
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Busta della
lettera inviata alla madre di mio nonno con lo scopo di avvisare che mio nonno
era stato deportato in un campo di prigionia.
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Lettera inviata dalla Croce Rossa con lo scopo di dire alla famiglia di mio nonno che era in buona salute e che si stava spostando in Germania. |
Tessera che
attestava che mio nonno era stato liberato dal campo di prigionia ed era
effettivamente un reduce di guerra.