Foto scattata da Noemi Iabichella 3 GR - Treno della Memoria 2018 |
“Se questo è un uomo” è il titolo della
poesia introduttiva dell’omonimo libro in cui Primo Levi descrive la sua esperienza
nei lager nazisti. È un’esperienza che dimostra la crudeltà e l'egoismo dei
persecutori nazisti. Nel libro si parla della cosiddetta “Shoa” e la poesia
descrive proprio la condizione dell’uomo all’interno dei lager. Quello non è
più un uomo, perché ha perso tutto: i suoi vestiti, i suoi occhiali, il
rispetto degli altri, il suo nome, la sua identità.
La prima volta che mi venne spiegato
questo termine frequentavo la scuola elementare. Da quel momento ho sempre
pensato che fosse qualcosa di impossibile, non arrivavo a capire il senso del
comportamento di certa gente, il senso del discriminare, torturare e,
addirittura, bruciare vive migliaia di persone. Con il passare del tempo
cominciavo a rendermi conto che, purtroppo, era tutto vero, scoprivo sempre più
dettagli che mi facevano rabbrividire.
Ogni anno, il 27 gennaio i professori ci
portavano in auditorium per farci vedere i soliti documentari. Per me era solo
un'ora di “svago”, un'ora in meno di lezione per scherzare con i compagni. Solo
dopo qualche anno, mi sono accorto di quanto ero ingenuo e di quanta tristezza
e crudeltà c'era dentro la semplice parola “shoa”.
Quando ho cominciato a capire, non mi
bastavano più i classici documentari, volevo scoprire sempre di più; cercavo
ovunque, sui libri, sul web, fino a quando ho scoperto che a capo di tutto
questo c'era Hitler, un uomo di cui avevo sentito parlare, ma del quale non
potevo immaginare la crudeltà. Hitler, capo del partito nazista, era un
governatore tedesco che puntava sullo sterminio degli ebrei e non solo, per
purificare la razza tedesca. Secondo lui, gli ebrei erano la rovina del popolo e
quindi, dopo averli chiusi nei campi di concentramento, dovevano essere bruciati
vivi. In questi anni, quante frasi ho letto, scritte da ragazzi ebrei, che si
riferivano ai ragazzi che non praticavano l'ebraismo! Frasi che fanno capire
come nella mente dei ragazzi del tempo non ci fosse nessuna forma di diversità.
Frasi come questa: “eravamo tutti
uguali, amici, condividevamo molte cose e avevamo molto in comune, niente di
diverso, eravamo solamente ebrei”.
Ebbene, colui che non era un uomo non
era chi viveva nel lager, ma proprio colui che aveva progettato tutto questo. E
se ancora oggi qualcuno continua a chiamarlo uomo, io gli rispondo che “Se
questo è un uomo, io non sono un uomo”.
Al seguente link l'appello di giovani studenti Toscani per la Giornata della Memoria
Alfredo Calabrese - classe 3 CA1