Eroi in divisa o angeli custodi?
Realizzato da Alessia Micieli 4S1 |
“Se
domani non dovessi più tornare, racconta a tutti del mio amore esagerato per
questa divisa.
Racconta a tutti che ero riuscito a diventare
ciò che sognavo da bambino.
Racconta di quanto ero felice di avere dei
fratelli al posto di semplici colleghi.
Racconta a tutti che ero e sarò per
sempre…semplicemente…un Vigile del Fuoco.”
Nella
notte tra Lunedì 4 e Martedì 5 Novembre, un’esplosione in una cascina
disabitata a Quargnento, in provincia di Alessandria, ha causato la morte di
tre vigili del fuoco, Antonio Candido 32 anni, Marco Triches 38 anni e Matteo
Gastaldo 46 anni, ma anche il ferimento di altri due e di un carabiniere. Molto velocemente sul web è diventata virale
l’intervista fatta ad uno dei tre Vigili del Fuoco. Le sue parole hanno toccato
il cuore della gente e hanno alimentato in me il desiderio di saperne di più su
quello che sicuramente non è un lavoro qualsiasi. Quando,
da piccola andavo a trovare mio zio in caserma, vedevo questo lavoro come un
divertimento: qualche volta salivo sul camion con la sirena accesa e mi piaceva
ascoltarne il suono; pensavo anche che i Vigili del Fuoco si divertissero a
giocare con l’acqua. Adesso
che sono cresciuta, ho capito che questo lavoro non è come tutti gli altri e
dopo aver ascoltato la notizia dell’esplosione di Alessandria, ho pensato di
fare alcune domande a un Vigile del Fuoco per me davvero speciale: mio zio
Piero.
Prima
di tutto ho chiesto come mai ha scelto di fare questo lavoro.
Per
lui, inizialmente non è stata una scelta volontaria, ma solo un caso: quello
dei Vigili del Fuoco è stato il primo concorso pubblico che ha provato; è
andata bene e da lì ha capito che quella sarebbe stata la sua strada. Una volta
indossata la divisa però, si è sentito investito di un ruolo fondamentale per i
cittadini. Nel tempo si è reso conto che, tra tutte le divise, quella del
Vigile del fuoco è quella che la gente apprezza di più perché sono i pompieri
ad arrivare per primi tutte le volte che qualcuno ha bisogno d’aiuto. Le
richieste di soccorso sono di varia natura: ad esempio in estate si affrontano gli
incendi delle sterpaglie che spesso sono così dannosi perché, propagandosi, cancellano
vaste distese di foreste. D’inverno invece, devono affrontare le calamità provocate
dalle abbondanti piogge e dalle alluvioni. A volte capita di dover partire per
soccorrere intere città distrutte da un terremoto dove si viene a contatto con
il dolore di tante persone che hanno perso tutto, dalla casa alla famiglia. Durante
l’anno però affrontano anche altri tipi di interventi come incidenti stradali,
incendi in abitazioni, soccorsi a persone e animali, apertura porte, ecc. Alla
domanda “Ci sono interventi in particolare che lasciano un segno?” mio zio
Piero ha risposto che, tra tutti gli interventi, quelli che lasciano un segno profondo
sono quelli in cui hai salvato qualcuno che oggi continua a vivere grazie al
tuo aiuto. Durante i suoi interventi ciò che ricorda con più emozione è quando
ha salvato bambini coinvolti in incidenti stradali o rimasti vittime di
calamità naturali, che fortunatamente sono rimasti in vita, nonostante le gravi
ferite riportate.
Ricorda ancora che una
volta, circa 25 anni fa, un signore voleva suicidarsi facendo scoppiare delle
bombole di gas nella sua abitazione. Appena entrati mio
zio e gli altri colleghi si sono accorti di ciò che stava accadendo e grazie al
loro sangue freddo sono riusciti a togliere l’accendino da quelle mani
disperate: hanno salvato quell’uomo pur avendo rischiato la propria vita. Ho
chiesto anche se qualche volta avesse avuto paura durante un intervento e lui
mi ha risposto canticchiando i versi di una canzone: “il pompiere paura non ne
ha”. In realtà non è sempre cosi: anche il pompiere ha paura come tutti gli
altri, ma riesce a vincerla e a sfruttarne l’adrenalina per concentrarsi meglio
sui rischi che un intervento comporta. Lo
zio mi ha descritto anche quali sono le operazioni da svolgere appena squilla
il telefono e la squadra deve andare a soccorrere qualcuno. Ogni vigile ha il
proprio compito. Chi risponde al centralino raccoglie tutti i dati utili per
intervenire tempestivamente; si sale sui mezzi e si parte. Naturalmente il
tutto deve avvenire nel minor tempo possibile. Ma
la vita del Vigile del Fuoco non si limita al solo momento dell’intervento:
qual è la giornata tipo in caserma? La
giornata è divisa in due parti: dalle 8 alle 20 e dalle 20 alle 8 dell’indomani.
Le squadre si alternano secondo una rotazione di quattro turni, chiamati con le
lettere dell’alfabeto A, B, C, D. Ogni squadra è formata da 8 persone: un Capo Reparto,
un Capo Squadra, 6 Vigili (di cui 2 autisti). Arrivati
in caserma la prima cosa da fare è il controllo dei mezzi e dell’attrezzatura; i
responsabili d’ufficio si occupano degli aspetti organizzativi della caserma
(l’addestramento, l’inventario delle attrezzature, la programmazione delle
ferie, ecc.); quando non ci sono interventi i pompieri si dedicano ad attività
di formazione e aggiornamento, esercizio fisico o ne approfittano per riposare.
Però nel momento in cui squilla il telefono bisogna partire immediatamente
lasciando tutto ciò che si stava facendo. A
questo punto ho chiesto se anche le donne possono diventare Vigili del Fuoco. Ovviamente
sì, hanno gli stessi compiti dei loro colleghi e in molte situazioni si
distinguono per le loro capacità. Alla
fine della mia intervista lo zio ha voluto dare dei consigli a tutti quei
giovani che vorrebbero entrare nel corpo dei Vigili del Fuoco. Alla
base di tutto è necessario avere tenacia e costanza nello studio, al fine di
superare il concorso pubblico; inoltre un bravo Vigile del Fuoco deve possedere
sangue freddo, autocontrollo, buone capacità relazionali, senso del dovere e
sensibilità.Infine
non possono mancare l’umiltà e il coraggio di affrontare qualsiasi situazione.
Diletta Civello - classe 2GR1