giovedì 28 novembre 2019

Intervista ad un vigile del fuoco


Eroi in divisa o angeli custodi?

Realizzato da Alessia Micieli 4S1

 “Se domani non dovessi più tornare, racconta a tutti del mio amore esagerato per questa divisa.
 Racconta a tutti che ero riuscito a diventare ciò che sognavo da bambino.
 Racconta di quanto ero felice di avere dei fratelli al posto di semplici colleghi.
 Racconta a tutti che ero e sarò per sempre…semplicemente…un Vigile del Fuoco.”

Nella notte tra Lunedì 4 e Martedì 5 Novembre, un’esplosione in una cascina disabitata a Quargnento, in provincia di Alessandria, ha causato la morte di tre vigili del fuoco, Antonio Candido 32 anni, Marco Triches 38 anni e Matteo Gastaldo 46 anni, ma anche il ferimento di altri due e di un carabiniere. Molto velocemente sul web è diventata virale l’intervista fatta ad uno dei tre Vigili del Fuoco. Le sue parole hanno toccato il cuore della gente e hanno alimentato in me il desiderio di saperne di più su quello che sicuramente non è un lavoro qualsiasi. Quando, da piccola andavo a trovare mio zio in caserma, vedevo questo lavoro come un divertimento: qualche volta salivo sul camion con la sirena accesa e mi piaceva ascoltarne il suono; pensavo anche che i Vigili del Fuoco si divertissero a giocare con l’acqua. Adesso che sono cresciuta, ho capito che questo lavoro non è come tutti gli altri e dopo aver ascoltato la notizia dell’esplosione di Alessandria, ho pensato di fare alcune domande a un Vigile del Fuoco per me davvero speciale: mio zio Piero.
Prima di tutto ho chiesto come mai ha scelto di fare questo lavoro.
Per lui, inizialmente non è stata una scelta volontaria, ma solo un caso: quello dei Vigili del Fuoco è stato il primo concorso pubblico che ha provato; è andata bene e da lì ha capito che quella sarebbe stata la sua strada. Una volta indossata la divisa però, si è sentito investito di un ruolo fondamentale per i cittadini. Nel tempo si è reso conto che, tra tutte le divise, quella del Vigile del fuoco è quella che la gente apprezza di più perché sono i pompieri ad arrivare per primi tutte le volte che qualcuno ha bisogno d’aiuto. Le richieste di soccorso sono di varia natura: ad esempio in estate si affrontano gli incendi delle sterpaglie che spesso sono così dannosi perché, propagandosi, cancellano vaste distese di foreste. D’inverno invece, devono affrontare le calamità provocate dalle abbondanti piogge e dalle alluvioni. A volte capita di dover partire per soccorrere intere città distrutte da un terremoto dove si viene a contatto con il dolore di tante persone che hanno perso tutto, dalla casa alla famiglia. Durante l’anno però affrontano anche altri tipi di interventi come incidenti stradali, incendi in abitazioni, soccorsi a persone e animali, apertura porte, ecc. Alla domanda “Ci sono interventi in particolare che lasciano un segno?” mio zio Piero ha risposto che, tra tutti gli interventi, quelli che lasciano un segno profondo sono quelli in cui hai salvato qualcuno che oggi continua a vivere grazie al tuo aiuto. Durante i suoi interventi ciò che ricorda con più emozione è quando ha salvato bambini coinvolti in incidenti stradali o rimasti vittime di calamità naturali, che fortunatamente sono rimasti in vita, nonostante le gravi ferite riportate.
Ricorda ancora che una volta, circa 25 anni fa, un signore voleva suicidarsi facendo scoppiare delle bombole di gas nella sua abitazione. Appena entrati mio zio e gli altri colleghi si sono accorti di ciò che stava accadendo e grazie al loro sangue freddo sono riusciti a togliere l’accendino da quelle mani disperate: hanno salvato quell’uomo pur avendo rischiato la propria vita. Ho chiesto anche se qualche volta avesse avuto paura durante un intervento e lui mi ha risposto canticchiando i versi di una canzone: “il pompiere paura non ne ha”. In realtà non è sempre cosi: anche il pompiere ha paura come tutti gli altri, ma riesce a vincerla e a sfruttarne l’adrenalina per concentrarsi meglio sui rischi che un intervento comporta. Lo zio mi ha descritto anche quali sono le operazioni da svolgere appena squilla il telefono e la squadra deve andare a soccorrere qualcuno. Ogni vigile ha il proprio compito. Chi risponde al centralino raccoglie tutti i dati utili per intervenire tempestivamente; si sale sui mezzi e si parte. Naturalmente il tutto deve avvenire nel minor tempo possibile. Ma la vita del Vigile del Fuoco non si limita al solo momento dell’intervento: qual è la giornata tipo in caserma? La giornata è divisa in due parti: dalle 8 alle 20 e dalle 20 alle 8 dell’indomani. Le squadre si alternano secondo una rotazione di quattro turni, chiamati con le lettere dell’alfabeto A, B, C, D. Ogni squadra è formata da 8 persone: un Capo Reparto, un Capo Squadra, 6 Vigili (di cui 2 autisti). Arrivati in caserma la prima cosa da fare è il controllo dei mezzi e dell’attrezzatura; i responsabili d’ufficio si occupano degli aspetti organizzativi della caserma (l’addestramento, l’inventario delle attrezzature, la programmazione delle ferie, ecc.); quando non ci sono interventi i pompieri si dedicano ad attività di formazione e aggiornamento, esercizio fisico o ne approfittano per riposare. Però nel momento in cui squilla il telefono bisogna partire immediatamente lasciando tutto ciò che si stava facendo. A questo punto ho chiesto se anche le donne possono diventare Vigili del Fuoco. Ovviamente sì, hanno gli stessi compiti dei loro colleghi e in molte situazioni si distinguono per le loro capacità. Alla fine della mia intervista lo zio ha voluto dare dei consigli a tutti quei giovani che vorrebbero entrare nel corpo dei Vigili del Fuoco. Alla base di tutto è necessario avere tenacia e costanza nello studio, al fine di superare il concorso pubblico; inoltre un bravo Vigile del Fuoco deve possedere sangue freddo, autocontrollo, buone capacità relazionali, senso del dovere e sensibilità.Infine non possono mancare l’umiltà e il coraggio di affrontare qualsiasi situazione.

Diletta Civello - classe 2GR1