mercoledì 22 aprile 2020

Il diritto di opporsi


Storie che fanno riflettere


In questo periodo di quarantena, oltre ad annoiarmi, sto cercando di darmi più tempo per riscoprire nuovamente i miei hobby e trovarne di nuovi, purché si possano sempre svolgere dentro le quattro mura di casa. Fra questi c’è certamente la lettura a cui, per un motivo o per un altro, durante la vita ordinaria, non ho mai avuto sufficientemente tempo da dedicare. Non a caso in queste ultime settimane ho acquistato diversi libri che da tempo avevo intenzione di leggere, approfittando anche del bonus
cultura che mi è stato assegnato proprio i primi giorni dello scorso mese. Con questo articolo ho intenzione di riflettere sul primo di questi libri che ho acquistato e letto. Avevo visto tempo fa un trailer al cinema che annunciava l’uscita del film “Il diritto di opporsi” ma che purtroppo non ho avuto modo di andare a vedere ed in un certo senso, per colmare a questa mancanza, ho deciso di cercare il libro online, che per mia fortuna sono riuscito a trovare, tra l’altro con un edizione recente di gennaio. È  stato il primo libro che ho letto in questo lungo periodo casalingo e posso dire che sia anche quello che ho letto più velocemente in assoluto, sia per la maggiore quantità di ore disponibili, ma anche per la trama così avvincente che mi ha completamente coinvolto. La vicenda è narrata da un avvocato statunitense dell’Alabama, Bryan Stevenson, che è anche il protagonista del libro stesso: il tutto è basato su fatti realmente accaduti e vissuti dallo scrittore stesso. Stevenson dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza decise di intraprendere la professione d’avvocato aprendo, insieme ad altri colleghi universitari, un associazione no profit che si occupava di difesa dei diritti civili di coloro che si trovavano nel braccio della morte, prossimi quindi ad un esecuzione di pena di morte,  con lo scopo di dare assistenza a chi purtroppo non avrebbe avuto la possibilità economica di avere un avvocato che fosse realmente intenzionato  a prendere sul serio cause così importanti. Nel libro Stevenson narra di tante storie d’ingiustizia che ha affrontato nel corso dei suoi anni di carriera e la causa principale protagonista del libro e del film è quella di Walter McMillian. McMillian fu condannato ingiustamente dell’omicidio di una donna con accuse palesemente infondate solo perché era necessario trovare un capro espiatorio per questa vicenda e, dopo un presunto episodio di adulterio, e essendo anche una persona di colore che già a priori non era ben vista a causa dell’odio razzista presente in quegli anni negli Stati Uniti, McMillian aveva già perso la propria credibilità sociale ed era, dunque, per la comunità e le autorità il carnefice perfetto. Stevenson riesce tuttavia a salvare la vita a McMillian vincendo la causa, ma la libertà non basterà a cancellare gli orrori subiti e visti da Walter in 6 anni nel braccio della morte, e ciò che gli è stato tolto non gli sarà più ridato: la dignità di uomo.  In questo libro viene a galla un sistema giudiziario senza scrupoli e che condanna a morte innocenti, bambini, invalidi, malati psichici che sicuramente avrebbero avuto anche necessità di avere adeguate cure. Si denuncia un sistema che non si preoccupa di effettuare un processo di reinserimento sociale per nessuno di questi detenuti e che pensa che l’esecuzione capitale sia la migliore via d’uscita nonostante i dati parlino chiaro: negli ultimi decenni del novecento gli Stati Uniti sono tra i paesi con il tasso di criminalità più alto. Fa capire quanto sia vile che uno Stato si abbassi a gesti criminali come quelli dei criminali stessi e che occulti prove, raggiri le autorità giudiziarie e manometta la legge a proprio piacimento. Stevenson in questo libro non vuole giustificare chi ha commesso reati, ma sicuramente vuole salvare chi non ha commesso nulla come McMillian e far capire che la pena di morte non è la giusta via, soprattutto in un sistema in cui non ci si preoccupa di effettuare un processo giuridico completo; inoltre vuole evidenziare che il diritto alla difesa è un diritto inalienabile che è previsto dalla legge e che non può essere tolto neanche al peggior criminale del mondo, men che mai a chi sta per affrontare una pena non proporzionata al reato commesso, a chi necessiterebbe di sentenze adeguate alla propria età (minori) o a chi è completamente innocente. I nostri principi costituzionali e il nostro sistema giudiziario, che tuttavia ha sicuramente anch’esso delle imperfezioni, ci fanno capire che però non tutti i paesi degli USA rappresentano gli Stati Uniti che noi Europei tanto sogniamo; non sono come li immaginiamo soprattutto se a raccontarli è un cittadino e lavoratore statunitense che ancora ai giorni nostri si trova a lottare per diritti di cui noi già godiamo da diversi anni. Questo libro mi ha aperto gli occhi facendomi capire che tutto il mondo è paese, che la corruzione non esiste solo in Italia come molti cercano di farci credere, ma che esiste solo il male ed il bene e noi abbiamo il libero arbitrio per decidere da che parte schierarci: sta a noi la scelta di decidere con chi giocare la partita della vita!

Samuele Firera classe V GR