Malala Yousafzai
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Le cause di questo fenomeno sono tante e diverse. Oltre al costo della scuola, che in molti paesi non solo non è gratis ma risulta insostenibile per le famiglie più povere, c’è sicuramente un problema di discriminazione di genere.
Per le femmine andare a scuola è ancora più difficile. Alcune non sono neppure state registrate all’anagrafe al momento della nascita, di conseguenza diventa impossibile essere ammesse nel sistema educativo nazionale.
Una testimonianza che ha scosso tutto il mondo è di certo quella della vincitrice del Premio Nobel per la pace nel 2014, Malala Yousafzai, attivista e blogger pakistana.
A soli 13 anni, nel pieno della sua adolescenza e durante il periodo scolastico, ha avuto il coraggio di testimoniare e denunciare sul suo blog il regime dei talebani pakistani, contrari ai diritti sulle donne e al diritto di istruzione per i bambini. Agghiacciante il suo racconto dell’attentato che ha subito, quando improvvisamente un uomo salì sul pullman, su cui lei viaggiava, e sparò tre proiettili verso di lei, colpendola e lasciandola in fin di vita. Oggi Malala è diventata una donna coraggiosa, una guerriera, ma non di quelle che combattono con le armi, ma una guerriera che combatte contro il silenzio, a favore dell’istruzione ma rimanendo sempre al fianco del suo popolo, anche se dietro questa grande figura potremmo intravedere una ragazzina che molto probabilmente è dovuta crescere troppo presto, che magari non ha vissuto con pienezza la sua adolescenza, e che forse non ha potuto scegliere del suo futuro a causa del luogo in cui è nata o a causa delle scelte di qualcun altro. Malala sostiene e ha ribadito più volte che per combattere la povertà e il terrorismo non c’è bisogno di armi e di munizioni, ma semplicemente di penne e libri, che a suo dire, sono le armi più potenti che possediamo. Grazie alla testimonianza di questa splendida Donna, che ancora oggi si batte con tutte le sue forze per garantire l’accesso all’istruzione dei bambini e soprattutto delle bambine, riusciamo a capire che questo problema è ancora troppo presente nel mondo e che c’è il forte bisogno di trovare una soluzione concreta. È anche vero che degli uomini in giacca e cravatta, seduti negli uffici dell’ONU, non hanno il potere di scombussolare gli ordini e le gerarchie di un intero paese, come il Pakistan per esempio; infatti, questi paesi che a noi appaiono così retrogradi e sottosviluppati possiedono un loro equilibrio che è difficile modificare, almeno nel breve periodo, e hanno bisogno di tempo per capire cosa è giusto e cosa non lo è; un aiuto esterno, forse, potrebbe solo peggiorare il loro clima interno. È molto strano pensare di aiutare un paese non aiutandolo, ma il cambiamento per essere efficace deve partire dall’interno e non deve essere un cambiamento imposto.
Di sicuro possiamo fare da mentori verso i più giovani, e la scuola in sé nei paesi più sviluppati ha un ruolo di sensibilizzazione importantissimo, trovare magari un ente di beneficenza che permetta di fare delle donazioni può fare la differenza, eliminare gli stereotipi e i pregiudizi.
Giuseppe Fede e Giovanni Giannì – Classe
5^ CA1