Il diritto al tempo libero
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Immagine tratta dal web |
Secondo il filosofo
Stefano Zecchi, bisogna lavorare “poco e bene”, cioè comprendere quanto il
lavoro entri in sintonia con i nostri sentimenti e la nostra visione della
vita, facendo le cose con passione per poi saper staccare la spina una volta
terminato il lavoro. Mi trovo d’accordo con ciò che afferma Zecchi: ci si deve
ricordare che lavorare è un’attività faticosa per la mente e il corpo e che
quindi la visione utopistica del lavoratore che ha il totalitarismo è pressoché
impossibile e potrebbe danneggiare il lavoratore e il suo rendimento
lavorativo, andando ad intaccare non solo il lavoratore, ma anche il suo datore
di lavoro. La figura dello stacanovista mi ricorda i romanzi di George Orwell,
il particolar modo “1984”, in cui tale figura è protagonista dell’ambiente
lavorativo di questo mondo distopico, dove ogni momento della tua vita deve
essere volto all’utile per la società. Nella mia vita quotidiana da studentessa
ho potuto notare che non sono pochi gli adulti i quali credono che per noi il
tempo libero sia inutile e che dovremmo passare ogni ora sui libri. Questo è un
problema perché, come lo stesso Zecchi afferma, il tempo libero deve esserci, è
necessario non trascorrere tutto il proprio tempo a lavorare o, in questo caso,
a studiare, per il semplice motivo che risulterebbe dannoso.
Altro fattore che ha
portato al troppo lavoro è che la società di oggi ha impiantato nelle nostre
menti il concetto di iperproduttività, molto affascinante, ma che ha portato a
mettere al primo posto il lavoro e a sentirsi in colpa se si fa qualcosa in
meno rispetto al solito. Quindi, perché non far conoscere il concetto di
lavorare “poco e bene”? Meglio questo dell’idea di dover mettere al primo posto
il lavoro e al secondo la vita stessa.
Desiree Rosa – Classe 4^ GR1