martedì 26 aprile 2022

Lavorare “poco e bene”

Il diritto al tempo libero




 
Immagine tratta dal web
Secondo il filosofo Stefano Zecchi, bisogna lavorare “poco e bene”, cioè comprendere quanto il lavoro entri in sintonia con i nostri sentimenti e la nostra visione della vita, facendo le cose con passione per poi saper staccare la spina una volta terminato il lavoro. Mi trovo d’accordo con ciò che afferma Zecchi: ci si deve ricordare che lavorare è un’attività faticosa per la mente e il corpo e che quindi la visione utopistica del lavoratore che ha il totalitarismo è pressoché impossibile e potrebbe danneggiare il lavoratore e il suo rendimento lavorativo, andando ad intaccare non solo il lavoratore, ma anche il suo datore di lavoro. La figura dello stacanovista mi ricorda i romanzi di George Orwell, il particolar modo “1984”, in cui tale figura è protagonista dell’ambiente lavorativo di questo mondo distopico, dove ogni momento della tua vita deve essere volto all’utile per la società. Nella mia vita quotidiana da studentessa ho potuto notare che non sono pochi gli adulti i quali credono che per noi il tempo libero sia inutile e che dovremmo passare ogni ora sui libri. Questo è un problema perché, come lo stesso Zecchi afferma, il tempo libero deve esserci, è necessario non trascorrere tutto il proprio tempo a lavorare o, in questo caso, a studiare, per il semplice motivo che risulterebbe dannoso.
Altro fattore che ha portato al troppo lavoro è che la società di oggi ha impiantato nelle nostre menti il concetto di iperproduttività, molto affascinante, ma che ha portato a mettere al primo posto il lavoro e a sentirsi in colpa se si fa qualcosa in meno rispetto al solito. Quindi, perché non far conoscere il concetto di lavorare “poco e bene”? Meglio questo dell’idea di dover mettere al primo posto il lavoro e al secondo la vita stessa.
 

 
 
Desiree Rosa – Classe 4^ GR1