Storie di migrazioni al
femminile
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La storia dell’immigrazione in Sicilia e in America è collegata, in entrambi i casi, a quella di due isole, quella più vasta italiana di Lampedusa e quella più piccola americana di Ellis Island.C’è un filo che lega la Sicilia all’America, un filo che lega un passato fatto di speranze e voglia di cambiare vita: si tratta delle migrazioni susseguitesi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
Quando il fenomeno delle migrazioni ebbe inizio, molti siciliani sbarcarono in America, portando le loro tradizioni, la loro cultura e il loro dialetto. Gli americani pensavano che fossero dei mafiosi, che erano stati loro a portare la mafia nel paese. I siciliani erano visti come persone disoneste e con un colore della pelle più scuro.
Molte delle problematiche per cui questa gente scappava dal proprio paese sono legate alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria. Pensava fosse una svolta emigrare verso paesi in via di sviluppo. E ancora oggi è questa l’idea di molti.
Ci sono modi e modi per raccontare questo fenomeno e giocare con il linguaggio è sicuramente uno tra i più originali degli ultimi tempi.
La storia di Favola Cinquemani, una ragazza che durante il primo Novecento viene spinta a partire per l’America in cerca di un futuro migliore, è raccontata da Cono Cinquemani nel romanzo “Zia Favola. Una storia siculish”. La particolarità caratterizzante del romanzo è il siculish, un misto tra italiano e siciliano americanizzato, un fenomeno nato in seguito alle migrazioni dei siciliani in America nel primo Novecento. La storia di Favola è diventata un ricordo nostalgico per ricordare chi, come lei, con la valigia di cartone, colma di pensieri e speranze, decide di affrontare il lungo viaggio per raggiungere la terra del sogno. I suoi genitori, Maria Nicolosi detta la “Tirara” e Giuseppe Cinquemani detto “Vinurussu”, le diedero alla nascita il nome di Favola, come auspicio per la vita. La nascita della figlia femmina era considerata un peso, a differenza del figlio maschio che rappresentava forza nel lavoro nei campi e molti meno pensieri per il padre. Quando Favola ha solo sedici anni, molti cominciavano ad imbarcarsi per raggiungere la “Merica”. E pure il turno di Favola arriva presto. Per partire occorreva avere un fidanzamento ufficiale e visto che Favola non aveva mai visto un uomo in vita sua, il parroco del paese trova per lei un giovanotto che già si trovava in America e che sicuramente non si sarebbe tirato indietro a sposarla. La madre e la zia la preparano per il viaggio. Dovrà fare affidamento solo sulle sue forze. Durante il viaggio però si ammala ed è per questo costretta a guarire per poter passare i controlli a Ellis Island. Su quell’isola Favola ci resterà per quasi un anno, ma il suo fidanzato l’andrà a trovare tutti i giorni. Quando finalmente tocca il suolo americano, comincia a lavorare e insieme al marito compra una casa. In seguito, grazie al libro delle erbe che le aveva lasciato la madre, riuscirà ad aprire un negozio, che diventerà un punto di riferimento per i siciliani.
La storia di zia Favola è la storia di ieri e di oggi, la memoria di tante testimonianza, di chi quel sogno di avere una vita migliore l’ha realizzato e di chi invece è stato costretto a rinunciarvi.
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La mia riflessione su queste due storie è la seguente: a volte il nostro Stato non è in grado di ospitare gran parte dei migranti che sbarcano nei porti più vicini a noi, magari per problemi economici, di ospitalità, ma aiutare chi conosce condizioni di vita di cui noi non sappiamo minimamente l’esistenza è un atto corretto per tutta quella gente che non ha niente di differente da noi.
Asia Adamo – Classe 2^ CA1