lunedì 11 marzo 2024

Comunità 2024

Suggestioni e speranze da Auschwitz

Quando ho letto le prime comunicazioni sul progetto Comunità di Memoria, che invitavano noi insegnanti a dare la propria disponibilità a partecipare ed accompagnare i ragazzi, ho avvertito da subito la forte sensazione che avrei dovuto esserci. Non era solo la curiosità di visitare per la prima volta luoghi importanti della Storia resi celebri da libri e film: era un’inspiegabile richiamo a vedere e toccare con mano una realtà fortemente tragica, una testimonianza concreta ed indiscutibile che ci interpella nel profondo. Ho potuto constatare sin da subito che non avrei potuto fare altrimenti: non esserci mi avrebbe fatto perdere la ricchezza di un’esperienza che ci ha segnati tutti in qualche modo, e che possiamo ancora leggere negli sguardi e nei sorrisi quando, alunni e insegnanti, ci incontriamo e ci salutiamo nei corridoi.
Abbiamo la consapevolezza di aver gustato assieme qualcosa di inedito e ci unisce la netta sensazione di essere profondamente legati da sentimenti di Bene che prima faticavamo a riconoscere ed esprimere. Durante quei cinque giorni, abbiamo visto e vissuto cambiamenti importanti, fino a vedere studenti notoriamente timidi e riservati parlare col cuore in mano davanti a duecento persone. Ci siamo scambiati - e continuiamo a farlo - centinaia di messaggi di sostegno, continue dimostrazioni di affetto, inviti a stare insieme e a non perdere la ricchezza che abbiamo trovato; a distanza di giorni facciamo ancora fatica a contenere l’entusiasmo e la voglia di ringraziarci reciprocamente, in un continuo fluire di sentimenti straripanti e parole incontenibili che chiedono intensamente di essere espresse e condivise. E’ stata un’esperienza davvero forte e straordinaria, che ci ha investito come un’onda d’urto e che è veramente difficile raccontare in poche righe. Due cose in particolare rimarranno sempre nella mia memoria: la prima è una suggestione tanto semplice quanto potente, l’altra una grande speranza. Il pomeriggio in cui eravamo a Birkenau, dopo aver visitato quel che resta dei forni crematori, tornavamo verso il Monumento Internazionale per l’ultima attività della giornata, quando si è sollevato un vento leggero e abbiamo cominciato a sentire dei tintinnii sottili che risuonavano nell’aria, sovrapponendosi e amplificandosi a vicenda. Era un effetto stupendo, che richiamava alla mente il suono di migliaia di voci sussurranti, quasi come se le persone che soffrirono e persero la vita in quel campo volessero ringraziarci per essere lì in quel momento a mantenere vivo il loro ricordo. In un presente così complesso e distopico, funestato da guerre in varie parti del pianeta, da estremismi che attraggono tragicamente sempre più persone e da cambiamenti climatici che sconvolgono abitudini e devastano territori, trovo speranza nella straordinaria ricchezza interiore dei nostri ragazzi che credo sia espressa efficacemente dalle commoventi parole di una delle peer che ci hanno accompagnato in questa esperienza: “Credo fortemente in quello che faccio e credo fortemente che amore chiami amore, bene chiami bene, motivo per cui non conosco altri mezzi per vivere la vita se non così. Mi piace pensarmi così: in un mondo che si chiude e allontana, io abbraccio e accolgo.”

                                                                                                           prof. Carpenzano Angelo