mercoledì 27 aprile 2016

Intervista ad una volontaria del soccorso ai migranti

“Io accanto ai disperati in cerca di speranza”

Cosa l’ha portata a fare questo? E quali emozioni prova? Rifarebbe la scelta di diventare volontaria?
La mia scelta è scaturita da un motivo ben preciso: ho capito che nella vita non bisogna solo pensare a se stessi ma dare un aiuto a persone meno fortunate di noi, soprattutto a quei bambini che arrivano con gli occhi spenti, poveri e indifesi, che non sanno cosa li aspetta, traumatizzati dal viaggio. L’emozione che provo personalmente ogni volta è indescrivibile poiché non conosciamo le loro reazioni, le loro condizioni, la loro storia cioè per quale motivo sono scappati. Si, rifarei questa scelta altre mille volte: sono esperienze che toccano il cuore e che  fanno riflettere sul vero senso della vita.
     A quanti sbarchi ha assistito?
Ho assistito a 5 sbarchi ma uno è stato per me il più importante.

     Cosa fate dinanzi a uno sbarco?
Le autorità prima di fare scendere gli immigrati dalla nave assegnano un numero a ciascuno e fotografano la persona per riconoscimento. Subito dopo questi due passaggi, invitano a scendere gli immigrati; la priorità è data alle donne in gravidanza, ai bambini,  alle persone che stanno particolarmente male e poi man mano tutti gli altri. Ad uno ad uno gli immigrati vengono sottoposti a controlli sanitari inerenti  la temperatura corporea, la pressione e poi vengono distribuite loro bottiglie d’acqua se c’è caldo o bevande calde se c’è freddo.Solo quando gli immigrati sono un poco meno smarriti vengono accompagnati sugli autobus per  far loro raggiungere i centri d’accoglienza. Se c’è qualcuno  che  sta male viene caricato sull’ ambulanza e portato in ospedale.

   Cosa le dicevano o come reagivano gli immigrati? E i bambini?
Subito dopo i primi controlli non potendo comunicare per le difficoltà dovute alla diversa lingua, queste persone non fanno altro che regalarci dei sorrisi e ringraziarci a modo loro. I bambini invece si aggrappano di più ai genitori ma la cosa più toccante è il loro pianto, ora di paura, ora di gioia.

     Ricorda una particolare storia bella e una più triste?
Un episodio bello è stato quando allo sbarcare degli immigrati è scesa una mamma con una neonata di 3 mesi in braccio e quella piccola creatura, subito dopo che me l’hanno passata in braccio, non ha perso tempo a farsi un pisolino nelle mie braccia, mettendomi la sua mano sul mio petto. Si è sentita protetta, piccola e indifesa e tra le mie braccia sentiva conforto. La speranza, la vita era tra le mie braccia.
Una storia brutta, molto conosciuta, è stata quella dello sbarco con i 40, se non ricordo male, morti nella stiva soffocati dal calore del motore. Brutta perché l’odore del corpo morto si sentiva da lontano, brutta perché tra loro c’era un adolescente di 14 anni e, quando li hanno tirati fuori da quel posto sistemati in dei  sacchi bianchi nella mia mente pensavo: cosa hanno passato? Si saranno resi conti che stavano per morire? Nella stiva il biglietto costava di meno, ma è stato un biglietto per la morte. 
 Marta Linguanti IGR