lunedì 27 maggio 2019

Il figlio di Giorgio Perlasca racconta del Giusto fra i Giusti


Una lezione di vita con Franco Perlasca

Lo scorso 6 Maggio le classi terze e quarte del nostro istituto hanno partecipato ad un importante incontro che ha visto protagonista Franco Perlasca, il figlio di Giorgio Perlasca, e la moglie. Il motivo dell’incontro, svoltosi nell’Aula Magna del nostro istituto, è stato proprio un momento di approfondimento e riflessione su un atto coraggioso compiuto da un uomo che ha messo a rischio
la propria vita per salvarne migliaia: Giorgio Perlasca era un importatore italiano di bestiame che durante il secondo conflitto mondiale si trovava in Ungheria a Budapest. In attesa di tornare in patria, Perlasca pensa di fuggire quando la situazione precipita del tutto, e incredibilmente decide invece di collaborare per la protezione degli ebrei. L’Ungheria ha una storia diversa rispetto alle altre Nazioni, reduci della Seconda guerra Mondiale. Nel 1944 vengono introdotte leggi razziali, ma non ci sono campi di sterminio. Quando i russi arrivano in Ungheria, la situazione diventa insostenibile: più di 600.000 ebrei vengono uccisi senza una motivazione, solo ed esclusivamente per il fatto di essere ebrei. Perlasca, fingendosi un diplomatico spagnolo che sostituiva il vero diplomatico Sant Briz, allontanatosi dall’ambasciata spagnola per comunicare meglio con Madrid, cominciò a distribuire dei salvacondotti, documenti che permettevano di entrare, uscire e circolare in aree controllate militarmente senza rischio per coloro che li possedevano; avrebbe potuto distribuirne un massimo di 300, ma lui continuò a distribuirne circa 5000.“Mio padre Giorgio era una persona normale, un semplice commerciante, non un eroe, ma un uomo che non si è voltato dall’altra parte davanti alle ingiustizie e anzi ha aiutato queste povere persone rischiando la sua vita”, afferma il figlio Franco. E aggiunge che i diplomatici, per far rispettare ciò che chiedevano con il loro operato scrivevano lettere di protesta, pur sapendo che quelle lettere non sarebbero mai state aperte né tanto meno lette, Perlasca per rendere meglio la sua parte di finto diplomatico scrisse pure lui una lettera di protesta, ma a differenza di altri lui andava a controllare di persona se ciò che aveva scritto veniva letto e preso in considerazione. Tornato in Italia il giovane Perlasca non raccontò nulla di ciò che aveva fatto neanche alla sua famiglia, e decise di scrivere tutto ciò che era accaduto a Budapest giorno dopo giorno in un diario personale; ne scrisse 3 copie, una conservata nel suo cassetto per 45 anni, una mandata al governo Italiano e una al governo Spagnolo. Il figlio Franco racconta che quando era ancora uno studente alle scuole medie, chiedeva spesso al padre di raccontargli come fosse Budapest e cosa avesse fatto lì, ma il padre si limitava solamente a raccontare le differenze fra il cibo italiano e quello ungherese. Nel 1980 il figlio di Perlasca con sua moglie decisero di partire per Budapest e un giorno posarono una cartina geografica sul tavolo, in modo da farla vedere a Perlasca sperando in qualche sua reazione, e magari qualche notizia in più del suo viaggio fatto anni prima, ma egli si limitò a dire che era una bella città. Nel 1985 Perlasca si ammala seriamente e un giorno i suoi familiari, cercando le sue medicine nei vari cassetti, trovarono uno dei suoi diari di cui loro non sapevano nulla; appena Perlasca si riprese fece scomparire il suo diario  come se non volesse far sapere la sua storia. Un giorno nel 1988 a Padova, nella casa della famiglia di Perlasca, arrivò la coppia dei Lang, una delle tante coppie salvate da Perlasca. Dopo aver raccontato la loro storia, la signora Lang decise di lasciare tre oggetti alla famiglia di Perlasca ovvero una tazzina, un cucchiaino e una medaglia, ricordo di quel periodo terribile che tutt’ora la famiglia Perlasca conserva. Giorgio avrebbe voluto che quegli oggetti rimanessero ai figli e ai nipoti dei Lang, ma la signora insistette. Da questo momento la coraggiosa storia di Giorgio Perlasca viene allo scoperto insieme ad un aneddoto caro a Perlasca, aneddoto che sembra rivelarsi come una sorta di leggenda ebraica secondo la quale nel mondo ci sono 36 giusti, di cui non si conosce l’identità. Quando il male prevale i giusti contribuiscono a salvare il mondo, facendo sì che Dio risparmi ai peccatori la punizione divina. Lo stesso Giorgio Perlasca ormai ottantenne raccontò la sua esperienza in diverse scuole, non per ricevere riconoscimenti ma perché credeva che i giovani avessero il diritto e il dovere di conoscere la verità. Ci ha colpito uno dei riconoscimenti arrivati a Perlasca, di cui il figlio ci ha parlato: una targa con scritto “ All’uomo a cui dovremmo assomigliare.” Come scuola ci siamo sentiti onorati di aver accolto il figlio di un Giusto che ha dimostrato tanto coraggio e determinazione nello scegliere il bene.


Giusy Amore, Alessia Giannì ed Eleonora Spadola- Classe 4 A1