lunedì 23 novembre 2020

La Guerra Invisibile


16/03/2020
 
<<Elisabeth! Chiama subito l'ambulanza, nostra figlia è svenuta!>> Gridò mio padre preoccupato a mia madre, con me tra le sue braccia così calde.
<<Cos'è successo?! Cos’ha Emily?!>> Gli rispose mia madre, anche lei preoccupata quanto mio padre.
<<Non c'è tempo per parlare! Su, fai presto. Chiama e non fare domande.>> Disse mio padre mentre faceva cadere le sue dolci lacrime sul mio volto spento, vista la mancanza d'aria che non mi permetteva di essere cosciente in quel traumatico episodio.
Illustrazione dell'artista iraniano Alireza Pakdel
L'ambulanza arrivò subito. Mi portarono al pronto soccorso, dove mi misero in una stanza particolare; essendo incosciente, mi intubarono per aiutarmi a respirare. I miei non facevano altro che pensare a me, chiamando tutti i giorni in ospedale per sapere come stavo. I dottori, un po' stanchi della situazione, ci tenevano a ribadire ogni giorno ai miei di stare tranquilli, di non preoccuparsi per me e, dunque, di non chiamare così frequentemente e insistentemente. Loro non facevano altro che piangere, distrutti e sopraffatti dalla disperazione, sapendo che non potevano fare niente per me. Questa malattia, man mano che passavano i minuti, le ore, i giorni, le settimane, peggiorava sempre di più. Non facevo nient'altro che peggiorare. Ricordo ancora le volte che stavo per “partire”, senza dire tristemente addio a nessuno. Era un giorno d'estate.
 
24/07/2020
 
<<Dottore, sembra che la ragazza non respiri più. Che dobbiamo fare?!>> Dicevano gli assistenti al dottore. Il virus si evolveva sempre di più, e ogni volta attaccava di più il mio sistema immunitario. Il dottore, impazzendo, rispose: <<Com'è possibile?! È la decima persona oggi che sta per morire! Portatela subito in rianimazione!>> Lì fecero di tutto per rianimarmi. Dopo svariati tentativi, riuscii a lottare contro questo virus, con l'aiuto di questi eroi. Ma i dottori erano sempre di più in stato di allerta. Sapevano che soffrivo anche di attacchi d'asma. L'asma è una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree, caratterizzata dall'ostruzione dei bronchi e, purtroppo, in questi casi il virus colpisce di più. Dopo tanti sforzi, un assistente del dottore, finalmente un po' più tranquillo, disse: <<Dottore, lei è un eroe. Anche se non riesce a salvare quasi sempre tutte le vite, lei ci prova.>>
<<John, non dire stupidaggini. Questo è il mio lavoro. E potrei fare mille volte di più, se non fosse per la mancanza di materiale primario, come le medicine. Io non sono un eroe, sono un pazzo che prova a vincere a braccio di ferro contro la morte e, in questo momento, soprattutto contro il Coronavirus; ma la maggior parte delle volte ne esco ancora sconfitto. Come il mio piccolo angioletto. Quanto mi manca la mia piccolina, mi viene da piangere quando penso solo a lei. Mi ricordo ancora quando le diagnosticarono il cancro; io non riuscii a fare nulla per salvarla, ormai era stato staccato un biglietto di partenza senza alcun ritorno. Era il mio angioletto. Quanto abbiamo pianto io e mia moglie. È stata veramente dura per noi.>>
<<Mi scusi se la interrompo dottore, ma lei rivede sua figlia in questa ragazza? Ed è per questo che si impegna ancora di più a lottare per lei?>>
Questa domanda, ricoprì l'intera sala di silenzio. Tutti si guardarono tra di loro senza dire neanche una parola. Dopo qualche secondo, il dottore decise di rispondere.
<<John, io non rivedo mia figlia in questa cara ragazza. La mia bambina per me era unica. Capisco bene, però, la difficile situazione in cui si trovano i suoi genitori. Loro mi ricordano gli anni passati tristemente con mia moglie, senza alcuna speranza che nostra figlia potesse salvarsi. Mia moglie mi accompagnava tutti i giorni al lavoro, in ospedale, per vedere nostra figlia. Io provavo a stare il più vicino possibile a mia figlia e a mia moglie, ma il lavoro non me lo permetteva. E quando passavo vicino alla stanza della piccola, sentivo le urla di disperazione di sua madre, con il volto ricoperto di lacrime. Vorrei aver fatto qualcosa di più, non lo so, trovare qualche rimedio, almeno per farla rimanere viva per un altro po' e approfittare di quel poco tempo che le rimaneva da vivere per stare con lei. E invece non feci nulla, e me ne pento amaramente.>>
In quel preciso momento, uscì il suo portafoglio e prese dalle sue piccole tasche una vecchia foto, un po' rovinata nei bordi, che prima erano bianchi e ora, col passare del tempo, erano diventati gialli. Era la foto di una felice coppia, con la propria amata figlia e un bel cane, nel giardino di casa, con una scritta particolarmente difficile da leggere; sembrava una data, che ormai non si vedeva bene, per quanto era rovinata la foto.
<<Questa è la foto di me con la mia amata famiglia, distrutta da un maledetto nemico invisibile. Il padre di questa povera ragazza incosciente, mi mostrò una foto molto simile a questa. Mi chiese di aiutarlo, che salvassi la vita della sua tanto amata figlia. Quel pover’uomo era disperato come lo ero io quando mia figlia era malata. Nei suoi occhi riuscivo a vedere com'era frantumato il suo gran cuore di genitore responsabile. Io ho promesso a quell’uomo di fare tutto il possibile per salvare sua figlia. Non sono un eroe, sono ormai un vecchio pazzo che ha perso la lotta per strappare alla morte la propria figlia. So bene quanto fa male perdere una persona cara, non averla più al proprio fianco.>>
A questo punto, il pover’uomo era veramente distrutto. Non riuscì a trattenere le sue lacrime, che cadevano dolorosamente sulla vecchia foto della sua famiglia. Spezzò il cuore a tutti in quel momento, ma un suo assistente si rese conto che stava rovinando la foto.
<<Dottore, attento alla foto, si sta rovinando tutta. Non vorrei che si perdesse quel bel ricordo che lei ha.>> Il dottore con una voce distrutta, rispose: <<Gra... Gra... Grazie... Quel giorno è stato bellissimo... Era il compleanno della mia piccolina. Aveva compiuto cinque annetti. Mi ricordo come rideva, con quella risata così contagiosa.>>
 
25/09/2021
 
È ormai passato un anno da quel brutto ricordo, tanto è durata la mia battaglia contro il virus. Ora sto bene e finalmente posso parlare con i miei tramite il cellulare. Sono così felici di vedermi, e io di vedere loro, di sentirli, dopo un anno intenso e orribile. Ringraziano tutti i dottori, soprattutto quello che aveva parlato con mio padre. I dottori non lo sanno, ma io non ero del tutto incosciente. Sentivo le loro discussioni, e ne ho sentita una in particolare che mi aveva fatto venire da piangere. Quanto avrei voluto abbracciare il dottore, dirgli che mi dispiaceva ma, soprattutto, dirgli che sbagliava a dire che non era un eroe e che era un pazzo, perché lui per me è stato il mio pazzo eroe.
Dopo quel brutto giorno in cui stavo per morire se non fosse stato per lui, ritornò a casa e si mise a cercare la cura contro il Coronavirus, ma non per aiutare solo me, ma tutto il mondo. Non voleva che il mondo intero provasse quello che aveva provato lui con la perdita di sua figlia. Non voleva ripetere lo stesso sbaglio che aveva fatto tempo prima. Purtroppo, quando trovò la formula per sconfiggere questo nemico, beh... diciamo che il nemico lo portò via con sé. Anche se, se n'era andato con l'anima in pace, come un vero pazzo eroe per tutto il mondo.
 
14/10/2021
 
Quando sono tornata a casa, i miei erano così felici di vedermi. Sembrava quasi che non ci credessero. Ci siamo abbracciati così forte, che abbiamo pianto insieme e, dopo un po', siamo scoppiati a ridere. Dopo ci siamo messi a parlare e dopo alcune ore, i miei mi hanno detto: <<Emily, devi sapere una cosa molto importante.>> Incuriosita, senza immaginare cosa mi dovessero dire dopo tutte le cose che ci eravamo già detti, risposi a mia mamma: <<Certo mamma, dimmi. Cosa c'è di così importante che devo sapere?>> E rispose mio padre. <<Bene figliola... È un po' difficile da dire, ma il tuo dottore ci ha lasciato questa lettera e ci ha detto di non aprirla fin quando tu non saresti tornata a casa per leggerla davanti a noi.>>
Io rimasi sorpresa. Non mi aspettavo che tra migliaia di persone che il dottore aveva assistito ogni giorno, avesse scelto proprio me, e che mi avesse scritto questa curiosa lettera. Rimasi scioccata, ma dopo un po' reagii e chiesi ai miei di darmi quella lettera.
<<Cara Emily, ce l'abbiamo fatta. È stato un percorso lungo e intenso, ma insieme ce l'abbiamo fatta. Ti stavamo per perdere un paio di volte, ma tu sei stata così forte e coraggiosa e hai resistito così a lungo che mi sono meravigliato della tua forza. Anche se, in fondo, si sapeva già che uno dei due se ne sarebbe andato prima o poi... Tu mi hai dato quel coraggio per lottare e sconfiggere questo virus che si è portato via migliaia e migliaia di persone. E per questo ti scrivo questa lettera, per dirti che io, purtroppo, non ce l'ho fatta. Mi dispiace non poterti dire che abbiamo vinto insieme, di persona, ma il virus mi ha portato con lui. Sai, ci tenevo a dirti che, in tutto il tempo che sei stata "addormentata" sapevo che eri cosciente, che ci sentivi, e quel giorno, quando ti stavamo per perdere l'ho fatta apposta a parlare di mia figlia davanti a te, per chiederti scusa e di perdonarmi, perché stavo facendo lo stesso sbaglio che avevo fatto con mia figlia, cioè lasciarti andare via, come lei. Non ho detto a nessuno che eri cosciente, perché non volevo creare panico, ma grazie a te, ho capito qual era il mio sbaglio e sono riuscito a trovare la cura contro Coronavirus. Io ormai non avevo niente da perdere, mia moglie mi aveva lasciato durante questo lungo percorso; infatti, il virus decise di portarsi via anche lei. Quindi, decisi di sacrificarmi per salvare l'umanità, ma anche per stare con la mia famiglia. E grazie a te sono morto in santa pace.
Con questa lettera voglio farti capire quanto sia importante la famiglia, quanto valgono i tuoi genitori per te e tu per loro. Loro non ti hanno abbandonata neanche per un secondo. Anche da lontano, riuscivano a darti quella forza in più che mancava a te, e anche a me. E anche se ora si può riprendere la vita normale e uscire, non ti scordare mai di loro, perché è anche grazie a loro se sei viva, e non solo perché i tuoi genitori ti hanno dato la vita, ma anche perché, se avessero chiamato l'ambulanza un minuto più tardi, tu in questo momento non saresti lì con loro. Quindi, ora che hai ripreso la tua vita normale come tutti quanti, non ti scordare quanto vale, anche se può sembrarti monotona. La mia vita senza la mia famiglia non aveva più senso, e decisi di fare la cosa migliore per me, cioè aiutare tutti a stare con le persone che più amano.
Emily, so che non posso, ma dal cielo ti do un forte abbraccio insieme alla mia piccola e a mia moglie. Abbiamo vinto questa Guerra Invisibile! Ci vedremo un giorno, e ti aspetterò con le lacrime e il sorriso di un vero pazzo eroe.
                                                                          Dottor Stan>>


Francesco Prestato - Classe 3^/4^CA1 del Serale