mercoledì 16 dicembre 2020

In fuga per una vita migliore


Immagine tratta dal web
Due ragazzi di 14 anni, provenienti dalla Siria con un barcone, sbarcano in Sicilia. Si erano conosciuti proprio durante il viaggio e fin da subito avevano stretto amicizia, tanto da decidere di scendere insieme dal barcone; la loro speranza era quella di poter trovare un lavoro e, soprattutto, di vivere in pace e serenità. Sbarcano in un luogo in cui ci sono pochi posti dove poter dormire e il cibo scarseggia. Successivamente sono accolti in un centro d’accoglienza dove, però, non vogliono restare per tanto tempo; così decidono di provare a scappare e di andare in un'altra città siciliana per trovare fortuna. Iniziano a elaborare un piano e decidono che si sarebbe fatto tutto la notte seguente: avrebbero preso l’ultimo autobus, quello di mezzanotte, in modo molto veloce perché nel centro di accoglienza in cui si trovavano c’erano molti controlli e, una volta fuori, erano sicuri che non sarebbero stati ben visti per il solo fatto di essere immigrati. Dopo aver messo a punto il piano di fuga, invece di dormire, i due ragazzi si mettono a parlare per tutto il tempo fantasticando su quello che avrebbero potuto fare scappando da quel centro.

<<Io farò il cassiere.>>

<<È un lavoro orribile.>>

 <<Meglio di niente e poi mi servono i soldi per tirare avanti.>>

<<Io vorrei fare il postino.>>

<<Il problema è farsi assumere da qualcuno, per noi immigrati è difficile.>>

<<Questa società fa schifo.>>

<<Già…>> 

Il giorno dopo si alzano e aspettano con ansia l’arrivo della notte. 

<<Secondo te dovremmo dirlo anche ad altre persone?>> 

<<No, rischiamo di mandare all’aria il piano.>>

<<Ok, ma dove andrà a finire tutta questa gente?>>

<<Non lo so, ma intanto dobbiamo salvarci noi. Fra poco sarà il momento, tieniti pronto.>> 

Arrivate le 23:30, i due ragazzi escono dal dormitorio e vanno verso la recinzione; dopo aver aspettato un altro paio di minuti, si fanno forza e iniziano a scavalcarla. Proprio quando stanno per uscire, una guardia li vede e fa scattare l’allarme. I due ragazzi, allora, iniziano a correre il più veloce possibile, ma accade un imprevisto: la guardia prende la pistola e spara alla gamba di uno dei due. 

<<Corri, non mi aspettare.>>

<<Ma ti uccideranno.>>

<<Non importa, tu salvati.>> 

Intanto tutte le guardie si avvicinano al ragazzo ferito.

<<Addio fratello!>> 

Il ragazzo, non potendo fare altrimenti, sale sull’autobus che parte sfrecciando. L’altro morirà poco dopo, ucciso dal colpo di pistola della guardia che aveva scoperto il loro tentativo di fuga.

Il giorno dopo, il ragazzo arriva in una città siciliana, poco lontana dal posto in cui si trovava il centro d’accoglienza, e chiede subito del suo amico, ma non ne sapeva niente nessuno; l’omicidio, infatti, era stato insabbiato. Il ragazzo continuò a vivere la sua vita con il rimorso, perché pensava che la colpa della morte del suo amico fosse stata tutta sua; ma la colpa non era stata sua, ma della società razzista dove tutti noi viviamo. 

 


Luca Verdelli – Classe 1^ CA1