In fuga per una vita migliore
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<<Io
farò il cassiere.>>
<<È un
lavoro orribile.>>
<<Meglio
di niente e poi mi servono i soldi per tirare avanti.>>
<<Io
vorrei fare il postino.>>
<<Il
problema è farsi assumere da qualcuno, per noi immigrati è difficile.>>
<<Questa
società fa schifo.>>
<<Già…>>
Il giorno dopo
si alzano e aspettano con ansia l’arrivo della notte.
<<Secondo
te dovremmo dirlo anche ad altre persone?>>
<<No,
rischiamo di mandare all’aria il piano.>>
<<Ok, ma dove andrà a finire tutta
questa gente?>>
<<Non lo
so, ma intanto dobbiamo salvarci noi. Fra poco sarà il momento, tieniti
pronto.>>
Arrivate le 23:30,
i due ragazzi escono dal dormitorio e vanno verso la recinzione; dopo aver
aspettato un altro paio di minuti, si fanno forza e iniziano a scavalcarla.
Proprio quando stanno per uscire, una guardia li vede e fa scattare l’allarme.
I due ragazzi, allora, iniziano a correre il più veloce possibile, ma accade un
imprevisto: la guardia prende la pistola e spara alla gamba di uno dei due.
<<Corri,
non mi aspettare.>>
<<Ma ti
uccideranno.>>
<<Non importa,
tu salvati.>>
Intanto tutte
le guardie si avvicinano al ragazzo ferito.
<<Addio
fratello!>>
Il ragazzo,
non potendo fare altrimenti, sale sull’autobus che parte sfrecciando. L’altro
morirà poco dopo, ucciso
dal colpo di pistola della guardia che aveva scoperto il loro tentativo di fuga.
Il giorno
dopo, il ragazzo arriva in una città siciliana, poco lontana dal posto in cui
si trovava il centro d’accoglienza, e chiede subito del suo amico, ma non ne
sapeva niente nessuno; l’omicidio, infatti, era stato insabbiato. Il ragazzo continuò
a vivere la sua vita con il rimorso, perché pensava che la colpa della morte
del suo amico fosse stata tutta sua; ma la colpa non era stata sua, ma della
società razzista dove tutti noi viviamo.
Luca Verdelli – Classe 1^ CA1