lunedì 18 gennaio 2021

È questa la fine? È colpa mia?


Realizzata con la collaborazione di Cam, Mars e Inge
Scena buia… Una donna, Emily, cade nel vuoto, mentre precipita le scorre tutta la vita davanti, ripensa a tutto il dolore subito, ai pugni, ai calci, a tutte le violenze sessuali subite, agli insulti… Mentre precipita si chiede: “È questa la fine? È colpa mia?” … Buio.
Emily è una ragazza di 36 anni. Scappata di casa in seguito ad un litigio con i genitori, si trasferisce in una città a poche ore di distanza da quella in cui vivono loro. Vive con il marito, un alcolizzato, e ha una bambina di soli 9 mesi, Holly. Ogni notte il marito rientra a casa ubriaco; dopo aver passato la serata a bere con gli amici, la picchia, la picchia ripetutamente, a volte senza motivo finché non si stanca. Emily pensa che non può continuare ad andare avanti così perché sa che presto o tardi sarebbe arrivato il giorno in cui non sarebbe sopravvissuta alle terribili violenze del marito. Una sera, dopo l’ennesima violenza, Emily si chiude in bagno e, tra le lacrime e il sapore amaro del sangue in bocca, si accovaccia e si siede a terra, piange e immagina come sarebbe la sua vita senza quell’uomo che ogni giorno, ogni sera la maltratta abusando del suo corpo, picchiandola, insultandola mentre sbraita. Emily sa che prima o poi quella orrenda bestia si sarebbe presa tutto, anche la sua vita: scoppia a piangere e nel frattempo sputa sangue. Mentre si ripulisce del sangue e delle lacrime, il solo pensiero di morire e di lasciare sua figlia nelle mani di colui che sarebbe stato di sicuro il responsabile della sua morte la fa rabbrividire. Uscita dal bagno si reca in soffitta dove apre uno scomparto nascosto nel pavimento con al suo interno una cassaforte; Emily la apre, osserva il suo contenuto e poco dopo la richiude. La sera successiva, una sera come le altre, il marito torna a casa ubriaco, con gli occhi iniettati di sangue, nelle mani stringe una bottiglia di un qualche liquido - sicuramente alcolico, pensa Emily -; si avvicina alla moglie e le dice: “Donna ho fame, portami qualcosa da mangiare?” Lei risponde: “In frigo c’è la cena di questa sera, se vuoi te la scaldo nel microonde”. Lui sbotta: “Non voglio la tua cena, mi fa schifo la tua cucina, quante volte devo ripetertelo!”, lanciando contro il muro la bottiglia che cade a terra frantumandosi in mille pezzi. La bestia si avvicina a Emily con aria minacciosa, la mano chiusa in un pugno, lo sguardo come quello di un leone prima di agguantare la sua preda e ucciderla e la colpisce in faccia: il pugno è talmente forte da scaraventare Emily a terra. A quel pugno ne segue subito un altro, un altro e un altro ancora, pugni seguiti da calci in sequenza su tutto il corpo. Emily inizialmente li conta, uno, due, tre, dieci…, poi perde il conto per il troppo dolore. Emily cerca di proteggersi ma è tutto inutile, le braccia iniziano a cedere, la vista si appanna, in bocca sente di nuovo il sapore amaro del sangue e sulle guance sente le lacrime che scendono; dopo un altro paio di colpi l’uomo, ormai soddisfatto, la lascia stare e lei perde conoscenza. La mattina dopo Emily si sveglia, il marito non c’è, è già uscito; è ancora stirata sul pavimento piena di dolori, la testa le scoppia, il corpo è tutto dolorante, non ricorda quasi nulla di quello che è accaduto la sera prima, ricorda solo piccoli frammenti, ricorda i pugni che si ripetevano sulla sua faccia mentre con le sue mani cercava di proteggersi invano, i calci allo stomaco e sulle gambe, l’odioso sapore amaro del sangue, lui con gli occhi rossi iniettati di sangue e le sue urla mentre continuava a insultarla. Ricorda che pregava Dio di salvarla per sua figlia, non voleva morire e condannarla nelle mani di quel mostro che prima o poi non avrebbe esitato a fare la stessa cosa con il sangue del suo sangue. Quella mattina decide di prendere in mano la situazione una volta per tutte; avendo la certezza che se sarebbe fuggita suo marito l’avrebbe perseguitata per sempre, si alza dal pavimento, soffrendo si reca in bagno per ripulirsi e, mentre si lava del sangue secco, prende una decisione: prende la figlia, i suoi oggetti e va a recuperare il contenuto della cassaforte infilandolo in un borsone da palestra, mette la figlia nel seggiolino, butta il borsone sul sedile anteriore della macchina, sale in auto e si dirige nell’ultimo posto nel quale si sarebbe mai immaginata di ritornare. Dopo un paio di ore di viaggio arriva davanti a una casa, quella dei suoi genitori, lascia la figlia sulla porta d’ingresso insieme agli oggetti e al borsone. Suona il campanello e scappa. I genitori di Emily aprono la porta e ai loro piedi trovano la bambina che stringe tra le mani una lettera sulla quale c’è scritto: 
“Cari mamma e papà scusate, nella mia vita ho fatto tanti errori a cui non vi è rimedio, lei è la vostra nipotina, si chiama Holly, prendetevi cura di lei. Non siete al sicuro né voi né lei, nel borsone ci sono dei biglietti per raggiungere un posto abbastanza lontano dove non potrete mai essere trovati, insieme al passaporto e a tutti i documenti di Holly. Tra i documenti troverete un biglietto con un indirizzo, lì è dove starete e potrete vivere in pace, soprattutto la piccola Holly; inoltre, nella borsa ci sono i soldi per mantenere la piccola, non sono molti, ma sono tutti i risparmi che avevo messo da parte per questo tipo di emergenza. Crescetela con amore così come avete cresciuto me. Vi chiedo scusa, so di aver sbagliato ma adesso vi chiedo questo favore per il bene di vostra nipote. Solo adesso mi rendo conto di aver sbagliato e purtroppo non posso rimediare più ai miei errori, avrei solo voluto fare di più, avrei solo voluto essere più forte. Spero che possiate perdonarmi, vi voglio bene. Addio mamma e papà, e addio a te mia piccola Holly, mio dolce amore.”
Emily si dirige verso il centro della città, guidando ripensa a sua figlia, al momento in cui l’ha concepita e alla gioia provata quando l’ha stretta tra le sue braccia per la prima volta; ripensa anche alle numerose violenze subite, ai numerosi pugni, ai numerosi calci… “È meglio così, è per il suo bene”. Arrivata nel centro della città, Emily sale in cima a un grattacielo, il più alto che trova, e arrivata sul cornicione si siede, piange e ripensa un’ultima volta a sua figlia e ai suoi genitori, poi chiude gli occhi e si butta. Mentre precipita nel vuoto Emily si chiede: “È questa la fine? È colpa mia?” Allo stesso tempo si risponde: “Si è questa la fine e no, non è colpa mia, è stata solo una spiacevole coincidenza”. Mentre si schianta al suolo Emily sorride ripensando a sua figlia e dice addio a quel mondo in cui aveva sofferto tanto. Scena buia… Fine.

Andrea Azzarelli – Classe 5^ CA1