venerdì 21 aprile 2023

È questa la normalità in cui vogliamo vivere?

Riflessioni su un monologo di Paola Cortellesi



Immagine tratta dal web
Paola Cortellesi nel monologo contro la violenza sulle donne ai David di Donatello 2018 parla di tutte quelle parole che, se declinate al femminile, fanno pensare alla donna come un oggetto, qualcosa che puoi usare e poi buttare via. Noi non facciamo caso a tutte queste discriminazioni perché siamo abituati a sentirle da tutta la vita e ormai crediamo che questa sia la normalità. Ma è questa la normalità in cui vogliamo vivere? È da sempre che la donna viene trattata come un accessorio e viene discriminata per ogni cosa che fa, siamo così abituati a questa realtà che cambiare ci viene difficile.
Cerchiamo sempre l’uguaglianza e la parità di genere, ma dov’è quando si tratta di queste cose? Siamo sempre i primi a parlare di uguali diritti sul posto di lavoro, ma invece, quando si tratta di far rispettare la donna come persona con dei sentimenti, siamo tutti pronti a metterci da parte perché è una verità scomoda con cui nessuno vuole avere a che fare. Mi fa male pensare che sono pochi a lottare per questo e se finiamo per abituarci, smettiamo di lottare per tutte le cose sbagliate che ci sono in questa società.
L’“abitudine”, se si può chiamare in questo modo, di usare la donna come un oggetto è sempre esistita; “la donna deve occuparsi della famiglia” è una frase che ci sentiamo spesso ripetere, ma non vuol dire che sia la verità, perché se mai dovessi decidere di sposarmi e avere dei figli non significherebbe stare tutto il tempo ad occuparmi della famiglia e dei bambini. Io ho tutto il diritto, come lo avrebbe mio marito, di crearmi e mandare avanti la mia carriera lavorativa, ovviamente senza lasciare perdere la famiglia.
Quello che mi dà più fastidio è che, quando succede qualcosa, la colpa ricade su di noi soltanto perché siamo donne, come la fatidica frase “te la sei cercata” oppure “se vai vestita così cosa ti aspetti”. Con queste esclamazioni si limita la volontà delle donne, perché se io voglio uscire non sono libera di vestirmi come voglio per paura di quello che potrebbe succedermi.
Sono stanca di avere paura, paura di essere donna, paura di essere me stessa. Sono stanza di tornare a casa la sera da sola e dover correre davanti a un gruppo di ragazzi perché mi urlano “apprezzamenti”, sono stanza di dovermi sentire a disagio con un vestito attillato solo perché dei ragazzi continuano a fissarmi desiderando il mio corpo. Sono stanza di non avere il diritto di essere bella perché “chissà cosa potrebbero pensare gli altri”.
 

 

Karlotta Spadaro – Classe 3^ GR3